Nel 2016, parlando ai vescovi italiani, Papa Francesco spiegò che non siamo solo di fronte a un’epoca di cambiamenti; siamo di fronte a un cambiamento d’epoca. Questa consapevolezza, aggiunse il papa, deve comportare una revisione profonda dei criteri di valutazione della realtà, dei comportamenti, delle priorità.



Non è la prima volta che il mondo cambia. E’ cambiato con la scoperta dell’America, quando tutto l’asse delle politiche e dei commerci si spostò dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico, a beneficio dei paesi che avevano l’affaccio su quel mare, Portogallo, Spagna, Francia, Olanda, Gran Bretagna. Altri radicali cambiamenti sono stati prodotti dal vapore e dall’elettricità.



Oggi per la prima volta interviene nelle nostre vite non un solo fattore di cambiamento, ma una pluralità di fattori che si intrecciano tra di loro e alimentano contenuti del vivere del tutto nuovi, tanto affascinanti quanto densi di incognite. Per la prima volta nella storia del mondo più della metà degli esseri umani sono interconnessi; da qualunque posto possono scambiarsi informazioni in tempo reale. Tutto il mondo può essere informato su ciò che accade in tutto il mondo. 

Nelle società storiche il Pil dipendeva da materie prime ed energia; oggi il 70% del Pil dei paesi del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Giappone, Usa) deriva da beni immateriali che a loro volta dipendono dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Nei giorni scorsi siamo stati informati che due robot di Facebook hanno cominciato a comunicare tra loro non in inglese, come era stato insegnato, ma in una lingua completamente nuova da loro inventata e nota solo a loro. I tecnici hanno impedito che il dialogo andasse avanti stante l’impossibilità di comprenderne i contenuti: comincia a manifestarsi un pensante non umano. Le migrazioni di grandi masse di persone di ogni età in Asia, Africa, Europa, Medio oriente, America costituiscono un fatto del tutto nuovo perché, a differenza del passato, coinvolgono tutti i continenti; per le loro dimensioni di massa mettono in discussione omogeneità culturali e danno origine a valori identitari che tendono ad escludere e condannare il diverso, provocando lacerazioni sociali. 



Il terrorismo globale, dalle Filippine alla Spagna agli Stati Uniti, aumenta il senso di insicurezza e di sfiducia nei confronti dell’altro. I biologi stanno mettendo a punto nuove tecniche di interventi genetici in grado di individuare un gene che produce una malattia e di modificarlo; sono innovazioni tecnologiche capaci di portare grande benessere all’umanità. Ma la deriva eugenetica è dietro l’angolo e secondo alcuni studiosi esperimenti di questo tipo sul dna umano sarebbero già in corso in Cina.

Di fronte a questi grandi mutamenti rischiamo di reagire in modo sbagliato, o con fanciulleschi entusiasmi o con la paura. Sembra mancarci la consapevolezza dei fini e navighiamo incerti nella bulimia dei mezzi. Le trasformazioni in corso possono segnare una deprimente e progressiva crisi di valori e di prospettive o un passaggio esaltante verso una vita più consapevole dei propri obiettivi. La scelta è nelle nostre mani. Occorre superare semplificazioni, indifferenza, banalità, stereotipi, luoghi comuni. E’ perciò necessario conoscere, conoscere, conoscere. 

Il tema della conoscenza rigorosa e profonda attraversa tutto il Meeting. In particolare le tre conversazioni che fanno parte del ciclo “Cambiamento d’epoca. La crisi come passaggio”, sulla democrazia (Luciano Violante), sulla demografia (Massimo Livi Bacci) e sull’economia (Ignazio Visco), hanno lo scopo di far conoscere i cambiamenti specifici che si stanno verificando in quei mondi e proporre le iniziative da assumere per superare positivamente i problemi e le contraddizioni. Dalla crisi al passaggio, appunto. 

Spunti significativi verranno anche dalle conversazioni che si svolgeranno nello spazio “What? Macchine che imparano”. Il rapporto tra il pensante umano e il pensante non umano è infatti una delle grandi svolte antropologiche e culturali dei tempi contemporanei.  

Vedo nel Meeting la grande possibilità di avviare una riflessione che possa andare anche oltre le giornate di Rimini e che coinvolga credenti e non credenti, i credenti cattolici e i diversamente credenti, per proporre grandi valori spirituali, etici, culturali che ci permettano di dare un ordine ai mezzi e di orientarci verso i fini.