Il Meeting per l’amicizia tra i popoli (Rimini, 20-25 agosto), nel centenario della nascita di mons. Luigi Giussani, quest’anno ha come tema “Una passione per l’uomo”, il grande insegnamento che ha caratterizzato tutta la vita del prete di Desio.

Ci si deve aspettare che la passione per l’uomo costituisca il centro di ogni attività quotidiana, ma è evidente che per alcuni contesti questo atteggiamento rappresenta il Dna della attività stessa. È il caso, ad esempio, della sanità che nella passione per l’uomo, ed in particolare per l’uomo sofferente, per l’uomo fragile, per l’uomo in difficoltà, per l’uomo che viene accompagnato al termine del suo viaggio terreno, dovrebbe avere il senso del proprio esistere come attività stessa e persino come struttura organizzativa. La sanità, la sussidiarietà, e la passione per l’uomo vanno inevitabilmente a braccetto, e quindi, continuando una tradizione che ha sempre visto questi temi ben rappresentati al Meeting di Rimini, non deve stupire se anche quest’anno, ed in particolare su iniziativa del Dipartimento Salute della Fondazione per la Sussidiarietà (ma non solo), siano state previste diverse iniziative che hanno come tema la sanità, la salute, e l’assistenza. Ne raccogliamo alcune scorrendo il programma della manifestazione.



Si comincia il primo giorno del Meeting (sabato 20 agosto) con due incontri. Il primo: “II cambiamento possibile: la sanità oltre il Covid”, alla presenza attesa del ministro Speranza, con l’obiettivo di “prendere in esame la situazione della sanità nel nostro Paese, mettendo in luce i cambiamenti prodotti dall’emergenza sanitaria, facendo emergere i tentativi e le esperienze che possono indicare nuove strade per affrontare il tema dell’assistenza sanitaria”; il secondo: “Serve ancora il pediatra di famiglia? La pediatria, fra prossimità di cura e riforme di sistema”, per mettere a tema la pediatria di libera scelta e la sua attuale forma contrattuale, per parlare del rapporto di fiducia con i destinatari dei servizi, ma anche per provare ad immaginare un modello di riforma che tenga insieme le esigenze di soddisfazione della componente professionale e quelle dei destinatari nonché il sistema delle cure.



Domenica 21 si parlerà di antibiotici nell’incontro “Una sanità disarmata contro le nuove malattie?” perché l’antibiotico resistenza è diventata uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello mondiale con importanti implicazioni sia dal punto di vista clinico (aumento della morbilità, della mortalità, dei giorni di ricovero, possibilità di sviluppo di complicanze, possibilità di epidemie), sia in termini di ricaduta economica per il costo aggiuntivo richiesto per l’impiego di farmaci e di procedure più onerose, per l’allungamento delle degenze in ospedale e per eventuali invalidità. Come operatori sanitari e come pazienti, insieme siamo inconsapevolmente diventati dei selezionatori di ceppi di microorganismi sempre più resistenti alle cure e verso i quali le armi disponibili iniziano ad essere inefficaci. Solo una adeguata educazione di tutti, operatori e pazienti, ci permetterà di affrontare adeguatamente il problema.



Riprendere in mano la propria vita. La cura è sempre un rapporto ed implica una frequentazione ripetuta di relazioni importanti. Questo fanno i terapeuti: cioè tutte quelle persone che si accostano all’altro per un aiuto che non sia mera commiserazione. Si confrontano lunedì 22 nell’incontro “Dalla parte dell’uomo. una paternità che cura” due “terapeuti” delle fatiche, dei dolori, dei disagi di molti, in Africa e in Europa. A tema è una paternità che accompagna, che svincola e libera, che permette la libertà dell’altro e lo espone al rischio della propria libertà, che conduce l’altro all’assunzione di nuove responsabilità verso sé e verso gli altri.

Anche nel rapporto di cura, come nel resto della vita, si può bluffare. Chi è malato può fare finta di non esserlo, chi cura può far finta che la malattia e la sofferenza dell’altro non lo riguardino. È troppo duro da sostenere lo sguardo del dolore. E poi? Fino a quando tiene questo bluff? E che convenienza ha? Chi può (il curante) scappa e chi non può (l’ammalato e la sua famiglia) resiste e si rassegna o, modernamente, può cercare nuove forme di fuga. Così si evita il nocciolo della questione: nel rapporto di cura c’è spazio per una “passione per l’uomo”? Una passione che il curante desidera, oltre che per i propri assistiti, anche per se stesso? C’è spazio per un desiderio di infinito che perfori la coltre di ipocrisia o di disperazione? C’è la possibilità di un cammino personale che conduca, dalla naturale e legittima inaccettabilità della sofferenza e della dipendenza, alla maturazione di un grido che cerchi la Risposta necessaria per vivere? (Martedì 23: “L’abisso fra l’essere soli e avere un alleato: la passione per la cura”).

Potremmo essere stufi di parlarne e di sentircele raccontare, ma questi due anni e mezzo di pandemia, volenti o nolenti, ci hanno cambiato la vita e sono stati il fertile terreno di grosse polemiche e di scontri ideologici tra fazioni, con il discutibile contributo di tanti esperti e sedicenti tali. Al centro della battaglia sicuramente è stato (ed è tutt’ora) il tema dei vaccini e delle campagne vaccinali, ed a Rimini (Mercoledì 24: “Campagne vaccinali: riflessioni sulla pandemia”) ci sarà l’opportunità di confrontarci con chi (Figliuolo, Rezza, Bertolaso) è stato, a diversi livelli, al vertice di queste iniziative. Tante le domande, ma una sovra tutte: quanto è accettabile e/o conveniente una vaccinazione di massa non obbligatoria?

Il programma della manifestazione offre anche altri momenti e spunti per parlare di sanità: dall’approccio “one health”, che ci indica che la salute dell’uomo è strettamente connessa al benessere del pianeta ed alla salute degli animali, alle esperienze del fare impresa nell’ambito sanitario, dal tema del “fine vita”, tornato così alla ribalta delle cronache proprio per i casi che si sono verificati in questi giorni, alla letteratura che parla della irriducibilità dell’uomo anche quando si trova a vivere nelle condizioni più disperate. Saremmo però profondamente ingiusti ed irriconoscenti se, in una kermesse così ampia ed articolata che ha al centro la passione per l’uomo, ci dimenticassimo di una delle figure professionali che più ha pagato le conseguenze (in termini di vite e di sofferenze, ma non solo) di questo lunghissimo periodo pandemico, ma che contemporaneamente è stata protagonista di esperienze eroiche che sono andate molto al di là del proprio compito professionale: l’ultimo giorno del Meeting (giovedì 25), quasi a ringraziamento del lavoro che hanno svolto, ci sarà il webinar dal titolo “Infermieri perché umani”. Solo uomini (e donne, ovviamente) umani e appassionati possono esprimere a fondo “una passione per l’uomo”.

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