Ieri Eni ha annunciato la scoperta, in partnership con la francese Total, di un giacimento di gas “significativo” al largo delle coste di Cipro. Secondo una prima valutazione, il giacimento contiene 2.500 miliardi di piedi cubi di gas e, secondo la società, c’è la possibilità che la stima venga alla fine ritoccata al rialzo significativamente dopo un ulteriore campagna di esplorazione.
Ieri il prezzo del gas in Europa, nonostante la debolezza delle borse e i crescenti timori di recessione, è salito di oltre il 20% e ha raggiunto livelli che sono incompatibili con la sopravvivenza di buona parte dell’industria europea. I prezzi di ieri sono oltre 15 volte superiori alla media dei prezzi del primo semestre 2021. Il prezzo del gas in America è solamente tre volte più alto dei primi sei mesi del 2021.
In questi giorni si moltiplicano gli allarmi dell’industria con molti settori che a settembre saranno obbligati a rimanere chiusi per gli incrementi folli del prezzo dell’elettricità. Quello che si è visto con le bollette di luglio è solo un primo e parziale capitolo della storia che si sta scrivendo. La bolletta di luglio, infatti, riflette prezzi più vecchi e più bassi di quelli attuali.
I mercati energetici europei subiscono gli effetti delle sanzioni che hanno tagliato fuori l’Europa dal suo principale fornitore di gas. Non ci sono soluzioni facili, soprattutto nel breve periodo. L’unica soluzione vera è sostituire il più possibile le forniture russe perse, probabilmente per sempre, dopo l’invasione in Ucraina. Forse non è possibile rimpiazzarle completamente, ma si potrebbe fare molto se si abbandonasse una visione della transizione energetica ideologica che mette in conto di distruggere lo stile di vita di decine di milioni di ignari cittadini europei. Anche l’idea di fare affare solo con i “puri” è pericolosa. Mentre le imprese chiudono e si avvicina un avvitamento del mercato del lavoro di cui non si vede il fondo si continua con una “pubblicità” fuorviante delle fonti rinnovabili. Queste possono fare parte del mix energetico, ma oggi non sono una soluzione e non lo saranno nel medio termine.
Il giacimento scoperto ieri da Eni potrebbe rappresentare quasi il 10% delle importazioni di gas russo in Italia prima della crisi. L’Italia ha tutto per dare vita a una campagna di esplorazioni che potrebbe contribuire in maniera decisiva a riportare i prezzi indietro. Eni, in questo senso, sarebbe il naturale candidato a un ruolo di perno. Sorprendentemente è la politica che si oppone, perché ancora oggi nonostante l’incubo economico e sociale che si avvicina le risorse nazionali non vengono sfruttate tra blocchi normativi e lungaggini burocratiche assurde mentre sulla produzione nazionale di gas c’è ancora un tabù “verde”. È un tabù che continua perché dieci anni di prezzi del gas depressi hanno abituato all’idea che ci fosse sempre un’alternativa e si potesse spendere e spandere in incentivi per le rinnovabili senza particolari conseguenze sul prezzo dell’elettricità degli utenti finali. Continua, forse, anche perché per mesi è stata venduta l’idea che per far fronte alla crisi energetica derivante dalle sanzioni sarebbe bastato abbassare o alzare, a seconda delle stagioni, il termostato oppure accorciare la durata della doccia calda.
Invece quello che si prospetta è il collasso dell’industria e dell’economia europee e si materializzano gli scenari che qualche mese fa erano stati ipotizzati dal Governatore in carica della Banca d’Italia. La scoperta di Eni dimostra che si può fare molto se si prende coscienza di quello che è successo, si abbandonano le ideologie e si fa un bagno di umiltà. È il realismo che suggerisce che l’agenda economica del nostro Paese sia tornata a essere quella del dopoguerra quando l’Italia era un Paese in via di sviluppo che per garantire qualità della vita ai suoi cittadini metteva in conto anche di pestare qualche callo agli alleati dentro e fuori l’Europa pur di avere energia economica e affidabile.
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