Il reato di tortura viene contestato per la prima volta in Italia nell’ambito delle violenze in famiglia. Lo fa la Procura di Milano nei confronti di Aljica Hrustic, l’uomo che ha ucciso il figlio Mehmed in casa a Milano il 22 maggio scorso. Emerse un contesto di violenze paterne, ma ora – con l’avviso di conclusione delle indagini – il pm Giovanna Cavalleri non gli imputa solo l’omicidio volontario per il colpo in testa che avrebbe provocato la morte del piccolo di due anni, né solo i maltrattamenti nei mesi precedenti, ma anche la tortura per quanto accaduto nell’ultima notte. Come riportato dal Corriere della Sera, il reato si configura in alcuni «gesti di violenza» che, «nel contesto delle condotte di maltrattamenti» sarebbero stati «connotati da gratuita crudeltà» provocando «acute sofferenze fisiche» al bimbo «sottoposto alla sua custodia, potestà e cura». Nello specifico si parla di pugni e calci in testa, lacerazione del labbro superiore, morsi su braccia e schiena, ustioni con fiamma viva sotto le piante dei piedi. Dalle indagini è emerso anche che a scatenare l’uomo avrebbe contribuito la droga che aveva assunto. Queste tre contestazioni, con varie aggravanti, comporta la possibilità che la pena sia l’ergastolo, in caso di riconosciuta responsabilità.



“MEHMED AVEVA FRONTE SFONDATA DAI PUGNI”, ALJICA HRUSTIC ACCUSATO ANCHE DI TORTURA

Alla madre del bambino, Silvija Zahirovic, invece non viene contestato nulla, né risulta essere mai stata indagata. Anzi figura come vittima, e quindi come parte offesa, dei maltrattamenti ad opera del convivente fin dal 2014. Il racconto drammatico delle ultime ore di Mehmed è tutto nell’avviso di chiusura delle indagini, notificato ieri mattina dal pm Giovanna Cavalleri. Lo chiamava “scemo” e lo ha ucciso in modo disumano. Quel giorno ebbe così tante botte su viso e corpo da essere irriconoscibile. Come riportato da Il Giorno, i medici hanno accertato che uno strato di pelle della pianta dei piedi è stato bruciato completamente dalla fiamma di un fornello. I calci e pugni alla testa gli hanno provocato un’emorragia diffusa, ma il bambino non è morto subito. L’agonia è durata ore in cui il padre ha continuato a picchiarlo e morderlo. Nonostante la testa sfondata dai calci e dai pugni, non si ferma: si accende due sigarette e gliele spegne sul petto. Il piccolo rantola, ma nessuno chiama i soccorsi. Quando la madre prova a farlo, lui le toglie il telefono e la picchia usando i fili elettrici, tutto davanti ai loro bambini.

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