CASO DOSSIERAGGI, IL PROCURATORE MELILLO “STANA” STRIANO E I PRESUNTI MANDANTI: “MERCATO INQUINA POLITICA E IMPRESE”

Mentre ancora si è alla ricerca dei mandanti dell’immensa mole di dossier illeciti prodotti dal sottotenente Pasquale Striano e dall’ex pm Antonio Laudati, il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo punta dritto a contestare l’azione dei suoi predecessori alla DNA: non solo, in una lunga intervista al “Corriere della Sera” riflette sull’utilizzo dei dossieraggi per una bieca lotta politica, anche se poi materialmente le informazioni non sono sempre state utilizzate sui quotidiani legati allo “spione” al centro della maxi inchiesta della Procura di Perugia.



In maniera insolita per il ruolo che riveste, negli scorsi mesi il procuratore Melillo aveva definito i dossier raccolti da Striano come un mercato abnorme e clandestino di informazioni riservate presso la Banca Dati della Procura Nazionale Antimafia: la raccolta illecita, oltre all’uso strumentale dei “dossier” è ormai da tempo divenuto arma «delle tradizionali organizzazioni criminose quanto delle forme selvagge della competizione propria dei mercati d’impresa e della politica». In maniera ancora più netta, Melillo sottolinea come l’immensa mole di informazioni raccolte tramite i dossier costruiti col sistema delle “SOS” sia nient’altro che uno strumento per produrre lotta politica: «Non è nemmeno necessario utilizzare le informazioni, talvolta basta far sapere che è possibile farlo». In pratica il procuratore fa un semplice “due più due” davanti ad una lunga e corposa raccolta di dati digitali abusivi su politici e personalità “da colpire”: raccogliere quelle informazioni non può che fungere ad una intricata (e ben dettagliata) battaglia politica, tutta però ancora da svelare in una inchiesta per nulla conclusa.



“STRIANO AGIVA COME FOSSE UN INFILTRATO”: L’AFFONDO DI MELILLO SULLE INDAGINI A PERUGIA

Secondo il procuratore Melillo, che collabora attivamente con il procuratore di Perugia Cantone e con i colleghi della Procura di Roma, considerata l’enormità di dati “raccolti” da Striano non può che prospettarsi per lui un ruolo da “agente” interno manovrato da qualche presunto mandante: «appare come una sistematica attività da infiltrato», spiega il n.1 della DNA in attesa di vedere dove porterà la conclusione delle indagini sui presunti dossier. I timori per le azioni criminose tramite attività digitale di hackeraggio/dossieraggio è uno dei punti chiave per il prossimo futuro dell’Antimafia: «Lo spazio virtuale è divenuto il cardine organizzativo fondamentale delle forme più pericolose del crimine organizzato».



È sempre Melillo che illustra la necessità di trovare i potenziali mandanti di Striano e delle sue ricerche «abusive e arbitrarie», sebbene a livello politico – a parte la Lega che si considera forte parte lesa di anni e anni di dati raccolti e “passati” a quotidiani come il “Domani” – ancora vi sia un generale brusio di fondo senza reale scandalo generale. «Strutture e leadership criminali sono sempre più selezionate in base alla capacità di governare le tecnologie», denuncia il procuratore nazionale dell’Antimafia che dal caso Dossier lancia una sfida generale alle criminalità a sfondo politico, terroristico e mafioso: serve costruire infrastrutture digitali più solide e in grado di proteggere ogni ambito dello Stato, al momento, tutt’altro che al sicuro.