La storia, anche quella politica, non si può mai costruire a posteriori con i “se” e con i “ma”, anche se molti per un attimo avranno pensato – nella notte del trionfo di Giorgia Meloni, lo scorso 25 settembre – anche a Gianfranco Fini, il primo a credere nelle doti della nuova leader della destra italiana.



Credo che Fini da una parte sia stato sicuramente contento del suo successo, ma anche che in lui non saranno certo mancati momenti di tristezza, soprattutto non essendo lui mai stato capace di soppiantare Berlusconi nel ruolo di leader dello schieramento; cosa che invece è riuscita alla sua “figlioccia” politica, anche se oggi il Cavaliere è decisamente ridimensionato rispetto a una dozzina di anni fa.



Uscendo dal suo riserbo più assoluto, ha fatto notizia il colloquio dell’ex leader di Alleanza nazionale con la stampa estera, dove ha preso le difese della Meloni e davvero non mi stupirei se in futuro Gianfranco Fini potrà ancora darle più di un “aiutino”.

Non va dimenticato come al momento del suo decollo politico per la Meloni l’aiuto di Fini fu essenziale e credo quindi assolutamente logico che Fini la consideri indirettamente una nipote, magari un po’ impertinente, ma alla quale voler bene.

Giorgia è sempre stata un tipo tosto ed è cresciuta per meriti propri, ma quando – ventenne – divenne leader di Azione studentesca ci fu anche il tacito avvallo di Fini, visto che l’organizzazione era quella ufficiale dei giovani di An.



Così come fu personalmente Fini a nominarla nel febbraio 2001 coordinatrice del comitato nazionale di reggenza di Azione giovani di cui la Meloni poi divenne presidente, prima ragazza a capo di un’organizzazione giovanile di destra.

Non è un caso che risalga a quel tempo un progressivo sganciamento della Meloni dal gruppo storico di Colle Oppio, politicamente vicino ad Alemanno e a Rampelli, esponenti della destra romana che si contrapponevano a “Destra protagonista”, il correntone finiano dove Maurizio Gasparri teneva le fila e che di fatto era ed è stata la spina dorsale del potere e della nomenclatura in An.

Soprattutto, fu proprio Fini a volerla candidata alla Camera nel 2006 e – perse per un soffio le elezioni – quando l’unico “posto al sole” per Alleanza nazionale era una delle vice–presidenze della Camera e tutti chiedevano spazio, alla fine Fini chiuse la questione in un minuto e – durante una vivace riunione dei deputati di An in sala Tatarella a Montecitorio – fu brutalmente chiaro: “Mettiamo la Meloni perché è la più giovane ed è donna, così non si fa torto a nessuno e voi state tutti zitti”.

Lo stesso Fini, garantendo per lei, la fece poi promuovere a ministro della Gioventù nel governo Berlusconi del 2009 (la ministro più giovane dell’Italia repubblicana e secondo ministro più giovane dall’Unità d’Italia in qua) e quindi è logico che tra i due ci sia stato nel tempo un feeling indelebile.

Certo, seguirono anni di profonda freddezza per l’affare Montecarlo (non solo a livello pubblico), quello che portò alla rovina politica di Fini oltre alla parentesi di “Futuro e Libertà”, ma a quei tempi la Meloni doveva per forza marcare una distanza o sarebbe stata travolta con un partito ancora in fasce e tutto da consolidare e far crescere.

Negli ultimi mesi Fini ha ostentato un assoluto riserbo, ma la Meloni è tutt’altro che una sciocca e sa quanti contatti Gianfranco Fini ha mantenuto con molte personalità in tutto il mondo, oltre ad avere sicuramente accumulato un’esperienza politica di primo piano. Tra l’altro non va dimenticato che, intanto, più di un esponente di Futuro e Libertà ha trovato casa proprio in FdI, e non da oggi.

Arrivò quasi subito Adolfo Urso, per esempio, attuale potente capo del Copasir e possibile ministro, o Roberto Menia, già valido deputato An di Trieste e amico intimo di Fini, ora rientrato in parlamento come capolista e neo-senatore in Liguria, responsabile del Dipartimento degli italiani nel Mondo per FdI.

Sono tasselli, piccole reciproche cortesie, consigli privati con Fini che vuole e deve restare sullo sfondo per non oscurare o mettere in imbarazzo la giovane leader che è cresciuta del suo, ma che in qualche modo è stata e resta una sua “creatura”.

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