Lo spacchettamento del ministero del Mezzogiorno in diversi tronconi tra Fitto e Musumeci è la prima spia di ciò che la Meloni ha in mente per il Mezzogiorno.
In primo luogo il tema lessicale. Sparisce dal novero dei ministeri il termine storico che identifica un’area geopolitica del Paese, sostituito con il punto cardinale. Da Mezzogiorno a Sud la differenza è evidente. Mezzogiorno è un termine che fa riferimento non solo alla geografia ma soprattutto al meridionalismo ed alla questione che esso pone come tema sociale e politico, richiama una storia di impegno e un’identità collettiva che viene molto prima della questione padana. Un tema storico e sociale a cui si contrappone la mera constatazione che nel Paese, come in ogni Paese, c’è un Sud. Nulla di più.
A quel ministero retto da Musumeci sono state però tolte le deleghe di spesa per i fondi di coesione (in pratica i soldi da spendere in più in quelle aree depresse per farle crescere) che vengono invece affidati a Fitto ed al suo ampio ministero che si dovrebbe occupare anche di Europa e di Pnrr. Musumeci ha anche la delega al Mare, in pratica ai porti, anche se non si comprende ancora come le due cose possano avere una declinazione comune, considerando che il mare bagna il Sud ma, come direbbe Catalano, anche il Nord del Paese.
Lessico a parte, i due ministri – Fitto e Musumeci – hanno però un vantaggio. Entrambi sono stati governatori delle loro regioni, conoscono bene il tema della gestione amministrativa e sono avvezzi alle battaglie nella Conferenza delle regioni per evitare il depauperamento delle loro terre. Sanno che i sistemi che hanno governato sono in difficoltà e meno ricchi delle regioni governate da ex colleghi e sono di certo consapevoli dei limiti da superare. La loro sinergia sarà fondamentale ed andrà coordinata con un terzo attore. Calderoli torna ad occuparsi di riforme, in particolare del regionalismo, e di certo farà valere le posizioni delle regioni del Nord che vogliono da tempo l’autonomia. Come e se farla e a quali condizioni è un tema rilevantissimo per il Sud.
Tre attori per un solo copione da scrivere in cinque anni, ovvero come tenere unito il Paese e come spendere bene i fondi del Pnrr soprattutto nel Mezzogiorno.
È evidente che i tre rischiano di avere molti punti di frizione e sarà necessario il coordinamento del primo livello di Governo, Giorgetti in primis, che con il suo ministero può incidere molto sulle politiche economiche avendo le chiavi della cassaforte del Tesoro, e soprattuto la Meloni.
La presidente del Consiglio dovrà chiarire cosa intende fare per la questione meridionale e dovrà farlo con prese di posizione che dicano con esattezza cosa va tolto per davvero del reddito di cittadinanza e come intende invece affrontare la questione meridionale nella sua interezza, che pur essendo sparita dal novero dei ministeri, resta il tema politico di fondo che mette in sofferenza milioni di cittadini.
Sarà interessante ascoltare il suo primo discorso alle Camere per vedere se su questo tema spenderà parole diverse e più concrete e se farà lei la sintesi della posizione politica del Governo sul tema.
Tenere assieme Fitto, Musumeci e Calderoli sarà impresa complessa, ma la scelta di dividere in tre tronconi la questione del Mezzogiorno e affidare a ciascuno un pezzetto può anche avere una sua logica, avendo Fitto, in particolare, il coordinamento sui fondi. Mancherà, è bene dirlo, un ministro che possa parlare per il Mezzogiorno e svolgere un ruolo di spinta unitaria dell’azione del Governo e solo la Meloni avrà l’autorevolezza sul punto di occuparsene a pieno titolo.
La Meloni dovrà anche prendere posizione sul tema della repressione della criminalità organizzata e del recupero della sicurezza sociale in molte aree del meridione in cui l’illegalità resta il vero problema, il limite principale che frena lo sviluppo. Certo, potrà parlare del Ponte sullo Stretto, o evitare di farlo, ma la sua azione di Governo sarà efficace se e solo se gli indicatori economici e sociali di quelle aree avranno un miglioramento nel prossimo anno. La presidente del Consiglio avrà il vantaggio che molto del lavoro è stato impostato da Draghi, che ha apertamente lavorato su questo tema mettendo in sicurezza l’avvio del Pnrr, ma alcune cose vanno corrette.
Il Piano di reclutamento nella Pa per trovare competenze per i comuni del Sud è ancora in corso ed è probabilmente insufficiente a dotare i Comuni stessi, che devono poi in concreto partecipare ai bandi del Pnrr, di tutte le risorse umane di cui hanno bisogno. Geometri, ingegneri, architetti a cui si devono aggiungere le figure deputate al controllo amministrativo che in molte aree è semplicemente assente.
In più l’azione di Governo nel Mezzogiorno dovrà riguardare la riforma del reddito di cittadinanza, ampiamente annunciata, e soprattutto la formazione professionale delle nuove generazioni ed il revamping formativo della gran massa degli inoccupati di lungo periodo che nel Mezzogiorno sono spesso carenti di competenze e perciò difficilmente occupabili.
Insomma, la Meloni non parte da zero rispetto a Draghi, avendo il Pnrr impostato molte misure pronte ad essere lanciate. Ricomincia da tre, come i ministri che dovranno trovare un modo efficace di essere utili alla rinascita del Sud. Sperando che poi non si debba, anche lei, scusare per il ritardo.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI