“Nel Mediterraneo viaggia la stragrande maggioranza dei nostri interessi nazionali”. Con queste parole, rivolte all’equipaggio della nave “Carabiniere” della nostra Marina militare ormeggiata nel porto di Algeri, Giorgia Meloni ha aperto ieri pomeriggio una visita cruciale, la prima per lei sulla sponda sud del Mediterraneo.



E, vista la contemporaneità della missione di Tajani in Egitto, traspare chiara la volontà di un nuovo protagonismo mediterraneo che il nuovo governo ha in testa. C’è tanta questione energetica in questa offensiva diplomatica, ma non solo. C’è il desiderio, o almeno il tentativo di riaffermare un ruolo, con questioni scottanti aperte, Libia e migranti su tutte.



In tema di energia l’interlocutore numero uno è ormai l’Algeria, che a dicembre ha coperto addirittura il 40% del nostro fabbisogno di gas, con un balzo di oltre il 10% in un anno. Il gas algerino ha soppiantato quello russo, nostro fornitore oggi per appena l’8,6%. Nell’attenzione verso il grande Paese nordafricano c’è una linea di continuità con il governo Draghi e la benedizione del Quirinale. Fra fine 2021 e metà 2022 c’è stato uno scambio di visite di Stato all’insegna della massima cordialità. In mezzo lo scoppio della guerra in Ucraina, all’indomani della quale diventa urgente affrancarsi dalle forniture energetiche di Mosca. Solo quattro giorni dopo Draghi spedisce ad Algeri Di Maio. E da lì è un crescendo. Lo stesso premier compie due visite, ad aprile e a luglio, spuntando buoni accordi, sulla base dei quali la fornitura algerina aumenterà di 9 miliardi di metri cubi aggiuntivi fino al 2024, di cui 3 miliardi già per questo inverno.



Meloni s’inserisce quindi nel solco di Draghi, puntando a rafforzare sempre più il ruolo dell’Italia come hub energetico, in grado di distribuire forniture al resto d’Europa. Non a caso la premier è accompagnata dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. Ma l’intenzione è quella di consolidare ancor più la partnership, allargandola ad altri campi, e per questo alla missione partecipa pure il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi. Oggi verrà addirittura firmato un accordo in campo aerospaziale.

Tutto bene quindi? Dipende dai punti di vista. Oggi siamo dipendenti dall’Algeria più di quanto non lo fossimo un anno fa dalla Russia. E il regime del presidente Tebboune non è né neutro, né propriamente democratico. La sua vicinanza alla Russia, e i suoi rapporti cordiali con la Cina sono noti. Algeri è la prima acquirente di armi di fabbricazione russa. E a novembre ha ufficialmente presentato domanda per entrare a far parte dei Brics, il blocco delle economie emergenti, di cui Mosca e Pechino sono leader, senza dimenticare gli investimenti cinesi nel Paese, destinati a crescere.

Cautela, quindi, e forse anche la volontà di tenere gli algerini connessi con l’Occidente. Perché senza di loro molti problemi non possono trovare soluzione. La turbolenta Libia, i flussi migratori e, da ultimo, il “Piano Mattei” per l’Africa, di cui Meloni parla sin dal discorso programmatico alle Camere. Nelle sue parole “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area subsahariana”.

Il nome di Enrico Mattei, il creatore dell’Eni e primo ponte fra Italia ed Algeria, evoca un approccio paritario e non predatorio alle risorse. L’opposto del neocolonialismo delle “Sette Sorelle” del petrolio. Riproporlo oggi vuol dire chiedere all’Europa un nuovo approccio al continente africano. E il ponte ideale è rappresentato proprio dall’Algeria, il Paese forse più solido e stabile della sponda sud del Mediterraneo, che con il suo immenso territorio arriva sino nel cuore del Sahel.

La scommessa di Meloni è audace: con il piano di aiuti europei iniziare ad agire sulle ragioni delle partenze nello stesso momento in cui fa dell’asse italo-algerino una delle principali direttrici del rifornimento energetico del continente. Il Consiglio europeo straordinario del 9 e 10 febbraio si avvicina. Per la premier italiana sarebbe importante arrivare a Bruxelles con la disponibilità algerina. Sarebbe un fatto nuovo che potrebbe fare uscire l’Italia dall’isolamento sul tema migranti. Ma i rischi sono davvero elevati.

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