Un accordo per sostenere il bilancio tunisino nel settore dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, una linea di credito rivolta alle piccole e medie imprese tunisine, ma anche un’intesa per la cooperazione nel settore dell’università e dell’alta formazione. I tre accordi firmati a Tunisi dal presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, e dal presidente tunisino, Kais Saied, delineano una partnership di lungo periodo fra i due Paesi. Chi rischia di rovinare i piani all’Italia, soprattutto in relazione ai flussi migratori, è ancora una volta l’UE, che ha fatto arrivare solo una piccola parte dei finanziamenti promessi per sostenere la Tunisia, da tempo sull’orlo della bancarotta. Senza questi fondi, spiega Michela Mercuri, docente di cultura, storia e società dei Paesi musulmani nell’Università di Padova, Saied rischia di cedere alle lusinghe dei russi, dei sauditi e degli algerini, che lo corteggiano da tempo. E l’Italia di vedersi arrivare molto più migranti rispetto agli ultimi tempi, oltre che di vedere ostacolato lo sviluppo del Piano Mattei.
Formazione, sostegno al bilancio sull’energia, credito alle PMI. Come disegna i rapporti con la Tunisia il Piano Mattei, con i primi accordi firmati tra Meloni e Saied?
La definirei una relazione personale di reciproco interesse, riprendendo anche le parole di Meloni a margine del vertice. È un approccio diverso rispetto a quello praticato fino a questo momento con i Paesi del Nordafrica, che non guarda solo al tema migratorio, comunque fondamentale. Un approccio non paternalistico, che vuole fare della Tunisia un partner. Sono stati firmati accordi importanti in tema energetico, e sull’energia abbiamo un progetto di interconnessione, che si chiama Elmed, lungo 200 chilometri, che porta l’elettricità dall’Italia alla Tunisia. Abbiamo rapporti che riguardano la formazione, le PMI, un nuovo modo di affrontare i problemi al quale Tunisi non era abituata. Potrebbe funzionare. Ma c’è un però: l’UE ha dato solo 150 milioni alla Tunisia, è chiaro che non bastano. Per supportare il Paese nordafricano è importante convincere l’Unione Europea a far arrivare ulteriori finanziamenti. Altrimenti questi accordi restano di difficile realizzazione, perché mancano le risorse economiche.
Meloni ha ringraziato la Tunisia per il controllo dei migranti. Cosa ha convinto Saied finora a collaborare su questo dossier e cosa bisogna fare per continuare in questa direzione?
Saied ha collaborato, appunto, per l’approccio B2B dell’Italia. Ma sperava che l’UE desse più finanziamenti e riuscisse a sbloccare 1,9 miliardi del FMI. Questo non è ancora avvenuto. Con 150 milioni di euro non si può supportare la Guardia costiera tunisina e sollevare un Paese in fase di pieno default: se l’Europa non si impegna di più, Saied potrebbe perdere la fiducia. È molto corteggiato: sicuramente dalla Russia, visto che il 23 dicembre Lavrov ha incontrato il presidente tunisino, proponendo di riaprire le relazioni in ambito agricolo, soprattutto per quanto riguarda il commercio dei cereali. Mosca è uno dei nostri principali competitor in questi Paesi.
E non c’è solo Mosca.
No, infatti. L’Arabia Saudita ha concesso un prestito di 400 milioni di dollari più 100 milioni a fondo perduto. Saied ha bisogno anche del consenso popolare: significa che vuole supporto per quanto riguarda i temi alimentari e della sicurezza. La Tunisia ha il problema del grano, che mette in dubbio la leadership del presidente. Se qualcuno glielo fornisce (la Russia per esempio, nda) risolve un grosso problema. Insomma, se ci sono attori che garantiscono alla Tunisia tutto quello di cui ha bisogno in termini economici, per quanto i nostri progetti siano lodevoli, Saied, anche in vista delle elezioni di novembre, farà le sue scelte. Il nostro vantaggio è di avere un progetto di lungo periodo di collaborazione per i prossimi anni.
La Tunisia è comunque un Paese sull’orlo della bancarotta. Senza una stabilità economica anche il flusso dei migranti rischia di ritornare quello dei mesi precedenti. Cosa ci dobbiamo aspettare da questo punto di vista?
Gli sbarchi dalla Tunisia all’Italia hanno avuto un netto calo tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. Gli arrivi sulle nostre coste sono ripresi con 9mila persone negli ultimi 20-25 giorni, il 60% delle quali proviene proprio dalle coste tunisine. La Tunisia ha contribuito a questo aumento. È stato questo uno dei motivi che ha spinto la Meloni a recarsi a Tunisi per rassicurare Saied, per spingerlo a ritrovare la fiducia nell’Italia e in quello che può fare. Se però non arriveranno fondi alla Guardia costiera tunisina – che devono essere monitorati facendo attenzione anche al modo in cui vengono trattati i migranti subsahariani, vittime della politica di Saied – la situazione sbarchi potrebbe aggravarsi. Saied è un giocatore di scacchi, sa di essere corteggiato, oltre che da Arabia e Russia, anche dall’Algeria, che fornisce ai tunisini l’elettricità che manca e che è legata anch’essa ai russi, dai quali acquista armi e cereali. Per questo Saied anche con l’Italia fa come il gatto con il topo.
La carenza principale dell’Europa è la mancata attuazione del Memorandum firmato l’anno scorso e che prevedeva consistenti aiuti economici?
Quando c’è stato l’accordo UE-Tunisia il 16 luglio 2023 si parlava di 250 milioni che dovevano diventare 900 milioni in una seconda tranche e un impegno per sbloccare 1,9 miliardi in arrivo dal FMI. In un secondo momento dall’UE sono arrivati 60 milioni di euro che Saied ha rifiutato dicendo che non voleva la carità. In sintesi, fino a questo momento l’UE ha dato alla Tunisia solo 150 milioni, pochi rispetto a quelli che ha garantito all’Egitto, 7,4 miliardi, ai miliardi dati a Erdogan e a quelli finiti in Libia. La Tunisia in questo si sente il fanalino di coda.
(Paolo Rossetti)
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