Diciamolo chiaro: migliore spot alla riforma della giustizia non poteva esserci. La bomba giudiziaria del 28 gennaio probabilmente segnerà la legislatura. Ci sarà un prima e un dopo. Perché la maggioranza ha fatto quadrato come non mai alla notizia dell’avviso di garanzia alla premier e a mezzo governo. E l’accelerazione del percorso parlamentare della separazione delle carriere comincerà già oggi, con la riforma che verrà formalmente incardinata in Senato. Che questo significhi scontro frontale con le toghe, ormai, agli uomini della maggioranza non importa più.
Nei corridoi di Palazzo Chigi dicono che Giorgia Meloni sia stata colta completamente alla sprovvista dall’avviso di garanzia. E che, non appena sbollita la rabbia, abbia deciso di giocare d’anticipo, rivelando lei stessa la notizia. Come a togliere questa soddisfazione alla Procura di Roma. La presidente del Consiglio ha diffuso sui social un video in cui vi sono tanti elementi. Anzitutto l’indignazione per una mossa giudiziaria senza precedenti: un atto giudiziario contro il presidente del Consiglio (Berlusconi docet), ma anche contro i ministri della Giustizia e dell’Interno e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Poi subito la controffensiva: l’atto è firmato dal procuratore della Repubblica di Roma, Francesco Lo Voi, lo stesso che da capo della Procura di Palermo ha aperto il procedimento contro Matteo Salvini per la nave Open Arms, finito con una clamorosa sconfitta della pubblica accusa in tribunale. Come a dire che l’accusa viene da una fonte del tutto screditata, e che il caso Meloni finirà nel nulla, come il caso Salvini.
E a nulla è valsa la spiegazione dell’avvocato Luigi Li Gotti, secondo cui l’iscrizione del registro degli indagati era praticamente un atto dovuto, essendo la sua denuncia dettagliata e nominativa. Secondo i fedelissimi della Meloni un margine di discrezionalità c’era, eccome, e la denuncia poteva essere archiviata. Voler aprire un procedimento viene valutato quindi un atto politico, ovviamente ostile. Ma Meloni, ribadendo di non essere ricattabile, ha sottolineato la differenza sostanziale fra lei e Berlusconi, ovvero l’assenza di un patrimonio.
Il sospetto di tutto il centrodestra è nelle parole di Barbara Berlusconi: giustizia a orologeria, come nel 1994. La conseguenza è che tiri aria di fine delle esitazioni: sulla riforma della giustizia si procederà spediti, una volta per tutte. Conforta che Magistratura Indipendente, l’ala più moderata delle toghe, sia risultata la più votata nelle elezioni interne dell’ANM. Perché nel mirino non c’è la magistratura nel suo complesso, sarebbe un gravissimo errore politico lo scontro frontale. L’intenzione è quella di riequilibrare il rapporto fra politica e toghe, sapendo di poter contare sulla sponda di Calenda e Renzi. Non solo separazione delle carriere, ma forse anche responsabilità civile delle toghe. Con la convinzione, dicono in molti, che se una riforma costituzionale dovesse arrivare al referendum confermativo, la vittoria del sì sarebbe a portata di mano.
Ogni cosa a suo tempo, però. Per studiare bene le mosse è stata annullata l’informativa sul caso Almasri che Piantedosi e Nordio avrebbero dovuto tenere oggi in entrambi i rami del Parlamento. Un rinvio che ha mandato su tutte le furie le opposizioni. In fondo l’impressione che il caso sia stato gestito male è impressione di molti, fra una magistratura che si attacca ai cavilli e un governo che si sbarazza in fretta e furia di un ospite ingombrante e sgradito. D’ora in avanti ogni mossa dovrà essere calibrata, ma la traiettoria politica è segnata, anche a costo di arroventare il clima politico, con le conseguenti preoccupazioni che uno scontro aperto possa provocare nel presidente della Repubblica, da cui più volte sono venuti richiami alla leale collaborazione fra i poteri dello Stato.
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