La visita di Giorgia Meloni negli Usa rappresenta plasticamente il punto di ricercato assestamento del sistema di faglie che vanno ricomponendosi nel sistema delle relazioni internazionali. Come nella settecentesca Guerra dei sette anni, lo scontro di potenza in Europa tra le borghesie imperialistiche russa e ucraina sta provocando una serie di frane che dall’epicentro europeo si propagano via via su scala mondiale.



L’aggressione imperiale russa ha indotto gli Usa a regolare i conti con l’indisciplinata Germania e la sempre tronfia Francia. La Nato che Macron un battito d’ore or sono definì malato terminale ritorna sulla cuspide del potere mondiale e lo fa secondo il teorema di Ludwig Dehio, per il quale gli aumenti di potenza abbisognano dell’inclusione di nuovi attori non più marginalizzati. Ed ecco i nemici storici della Russia divenire punto archetipale della nuova alleanza militare: i baltici e gli scandinavi tutti attorno ai polacchi proiettati nell’agone anti-russo. Ricordate le pagine di Guerra e pace, laddove Tolstoj racconta degli Ulani polacchi che entusiasmati dall’Empereur si lanciano nel fiume senza raggiungere il guado e muoiono a decine sommersi dalle acque pur di affrettarsi a lottare contro i russi? Solo la letteratura comprende la storia e anche questa volta si è solo all’inizio di una divisione di nazioni europee combattenti che via via eroderanno anche le regole dell’Ue.



Il capitalismo di guerra ha bisogno di nuove regole. E saranno quelle – lo affermavo su questo scoglio di libertà giorni or sono – di un declassamento del multilateralismo umanitario per accedere a un realismo unipolare Usa che detterà le regole di una nuova grammatica del potere internazionale.

La visita di Kissinger in Cina ha aperto la via: dividere gli avversari invece che compattarli (scusate il barbarismo); soddisfare gli interessi del capitalismo unitario Usa-cinese generatosi con l’entrata nel 2001 della Cina nella Wto separando politica ed economia con quel realismo da multinazionale che sarà la nuova cifra della politica internazionale nordamericana. Tutti dovranno adeguarsi.



I tedeschi recalcitranti saranno puniti sino a quando le multinazionali teutoniche non imporranno nuove regole alle classi politiche nazionali. Una via lunga e difficile che ha come contraltare la resa della Russia, via via mortificata delle sue risorse e delle sue aspettative.

L’Italia di Giorgia Meloni sarà un attore cruciale. Valga la mia teoria del ruolo che in situazioni simili svolgono gli intelligenti vassalli. Ruolo che l’Italia democristiana seppe svolgere con rara maestria compiendo atti che l’imperatore non poteva compiere, così aprendo la via ai mutamenti necessari nelle relazioni internazionali. Ebbene, l’incontro di Giorgia Meloni con Bob Menendez, maestro di cerimonia del Congresso nelle politiche delle relazioni internazionali, ha aperto la via non all’eliminazione del memorandum sulla Via della seta di contiana e salviniana memoria – che io auspicavo e che pensavo prossimo, sbagliando marchianamente -, ma alla sua riclassificazione secondo le regole di una nuova versione della Guerra fredda. È quest’ultima che si riattualizza e non più lo scontro frontale ideale. Quest’ultimo sarà riservato alla Russia e ai suoi alleati. Per questo l’Africa diverrà cruciale.

In quel continente il peso dei russi decresce a vista d’occhio (ecco il fallimento, per esempio, del summit pietroburghese che ha visto una scarsa presenza di leader africani ben manifestando il cambiamento in corso). All’Italia sarà richiesto un ruolo enorme. E in Africa è difficile pensare che lo si possa assolvere senza una collaborazione intelligente con la Francia e la Gran Bretagna. Il problema è che questi nuovi compiti internazionali richiedono immense risorse economiche che nessuno degli Stati europei di nuovo sulla ribalta possiede più.

Pensate, per esempio, che le aviazioni italiana e giapponese a giorni compiranno esercitazioni di parata comuni. In funzione anti-cinese naturalmente. Ma ecco che si richiede di compiere un ruolo ciclopico a chi ciclope non è. Ma non importa. L’importante è rientrare in gioco.

L’imperialismo Usa viene così chiamato a un ruolo assai simile a quello che svolse nell’immediato secondo dopoguerra. L’Ue non esisteva e non esisteva una Cina così potente protesa al potere marittimo. In questo nuovo scenario l’Italia dovrà trovare il suo interesse nazionale prevalente. E deve farlo al più presto, come in verità mi pare si stia facendo.

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