PRESIDENTE COMMISSIONE UE, MELONI ANNUNCIA: “HO UN NOME, MA PER ORA NON LO DICO…”
Nella più classica “mano da poker”, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni inizia a giocare le proprie carte comprendo in parte il “carico” e auspicando una trattativa il più possibile rapida dopo i risultati delle Elezioni Europee 2024 attese nel prossimo weekend. Nella lunga video-intervista rilasciata il 29 maggio a Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera.it”, la leader FdI – nonché capolista alle Europee in tutte le circoscrizioni e presidente del gruppo ECR (Conservatori e Riformisti) – dice la sua sui possibili nomi in lizza per la guida della Commissione Europea 2024-2029.
«Io un nome ce l’ho, però non si parte dal candidato, ma dalla maggioranza. Solo così si evitano le maggioranze arcobaleno»: in sostanza, Meloni il nome da proporre ce l’ha al giro di trattative negoziali che si apriranno nel Consiglio Europeo dopo i risultati dell’8-9 giugno. Ma non è il momento di avanzarlo, sia per non bruciarlo e sia per evitare che prima del voto si parli già dello schema “politichese” di come distribuirsi il potere in Europa. Da Mario Draghi a Ursula Von der Leyen, da Tajani a Metsola o Mitsotakis, i nomi in casa PPE (con l’appoggio delle varie liste in Ue) sono diversi, ma Meloni non intende dire il suo in questa fase di ultima campagna elettorale: «Io ho le mie idee ma non parto dal candidato», risponde ancora al “Corriere” in merito a specifica domanda sul sostituire Von der Leyen con un commissario magari italiano, «io parto dalla maggioranza, la politica la fa la maggioranza. Se si parte dal candidato è per tentare di ricostruire il sistema dell’inciucione».
LA VIDEO INTERVISTA DELLA PREMIER GIORGIA MELONI AL “CORRIERE”: LE PEN, VON DER LEYEN E CENTRODESTRA IN UE, ECCO COSA HA DETTO
Il punto riaffermato da Giorgia Meloni già più volte in questa campagna elettorale per le Elezioni Europee 2024 è che non si possa decidere chi farà cosa «prima che i cittadini avranno votato, non è mai stato il mio modello». Il tema della alleanze europee è tutt’altro che “fuori tempo” però, visto l’avvicinarsi delle urne e soprattutto con la sinistra europea sempre più “nervosa” nel vedere crescere la possibile intesa tra PPE, ECR (Meloni) e ID (Marine Le Pen e Matteo Salvini). Secondo la leader FdI, non bisogna trasformare la giusta questione della governance come se fosse uno scontro tra tifoserie: «non è che faccio la cheerleader, dicono `stai con quello o con quell’altro´. Io sto dalla parte dell’Italia, di tutto il resto mi interessa poco».
Meloni rifiuta infatti la stretta vicinanza a cui costantemente viene accostata con la leader Ue Von der Leyen, sulla quale ripete che si è trovata bene nel collaborare sui vari dossier degli ultimi mesi ma resta «presidente della Commissione Europea e il mio lavoro era quello di far cambiare la posizione dell’Europa su alcune cose che non condividevo» e spesso ci siamo riusciti». Parlare con Von der Leyen, parlare con Marine Le Pen e anche con Viktor Orban, l’invito della presidente dei Conservatori è quello di costruire un vasto campo nell’area Centrodestra per riuscire ad ottenere una maggioranza «alternativa alla sinistra e in questo ci sono interlocuzioni con varie forze». In merito alla n.1 del Rassemblement National, la Premier Giorgia Meloni compie un ulteriore passo verso Marine Le Pen dopo che già la politica francese ne aveva già tessuto le lodi durante il convegno Vox. «Marine Le Pen sta facendo un percorso interessante e su alcuni dossier ci siamo trovate sullo stesso fronte già in questa legislatura. Su molti dossier si sono già create maggioranze alternative e per questo la sinistra è così nervosa», ricalca ancora al “Corriere.it” la Presidente del Consiglio. Gli appelli anche recentissimi dei socialisti di Schmit a Von der Leyen per impedire il dialogo con Meloni e Le Pen conferma l’impulso dato da queste ultime settimane di campagna elettorale: prima di capire quali numeri effettivi si avranno nel nuovo Parlamento Europeo, una convergenza tra Popolari, Conservatori e Patrioti-Identitari non è più così esclusa come avveniva anche solo 6 mesi fa. E questo i gruppi progressisti in Europa lo temono, non poco.