Il dialogo con le opposizioni è un gioco per cui Giorgia Meloni è una vera neofita. Abituata a menare fendenti, la sua strategia di ascolto e confronto pare una tappa quasi necessaria per mostrare al Paese e all’Europa che ha definitivamente abbracciato il ruolo di leader moderato abbandonato elmetto e moschetto dei tempi dell’opposizione.



La mossa ora rischia di aprire uno squarcio sulle vere doti di Giorgia stessa. La scelta di ascoltare tutti, e quindi di offrire un pulpito ad ogni avversario, può sfociare in due mari.

Il primo è quello della vittoria su tutto e tutti, provando che le misure che proporrà sono efficaci, sono le migliori e che, abbracciando qualche proposta di Calenda o altri, il Governo ne esce forte e consolidato. Il secondo mare, più periglioso, rischia di trasformarsi in pantano di fango pesante da cui a fatica si esce, ma di certo malconci e inzaccherati.



Il vero tema, infatti, sarà quello che Giorgia dirà sul salario minimo. Potrebbe cambiare idea e, correggendo la proposta, farla propria ammettendo che c’è effettivamente un problema di povertà tra chi lavora. O potrebbe tirare fuori una proposta alternativa ma efficace, su cui convincere almeno parte degli interlocutori appropriandosi di un ruolo di leader di fatto anche di un pezzo di opposizione.

Ma se continuerà a dire che il problema non esiste, che il tema è “politico”, ecco che di botto si aprirà su di lei il sospetto che non sia affatto la leader sociale e popolare che vuole mostrare ma che sta, di fatto, tutelando pezzi dell’economia a cui deve, politicamente, qualcosa.



La questione è perciò complessa ed il fatto di aver aderito, in pieno agosto, all’idea di incontrare le opposizioni tutte può anche essa nascere da due motivi. O Giorgia ha in tasca la soluzione e come un abile regista vuole tirarla fuori nel mezzo di un periodo di sovraesposizione mediatica, che l’incontro creerà, o è vittima della sindrome agostana dei potenti recenti e rischia di fare un nuovo Papeete. Senza mojito tra le mani, ma nella testa la stessa arroganza di chi prima di andare al mare per le vacanze dice di non vedere il problema di chi lavora 174 ore al mese e guadagna 900 euro.

Perciò per Giorgia questo passaggio, tutto politico e senza tecnici, senza Europa da chiamare e senza foto solitarie da mostrare, può essere un esame di maturità molto importante a cui guardare per capire se questo Governo avrà fiato per correre dietro i problemi o già arranca inseguendo le personali ambizioni di chi lo guida.

Nulla è infatti più ingannevole della propria percezione ed oggi, se non avrà le giuste misure, potrà rimpiangere le vacanze rimandate lasciando in pasto all’opinione pubblica uno show per gli altri che, con ogni mezzo, cercheranno di battere sul punto della loro proposta a fronte di un nulla che, ora, appare davvero non più tollerabile. I poveri che lavorano, infatti, non possono affittare lettini a 60 euro al giorno né pagare cento euro per una pizza in famiglia, e per loro il Governo o ha una risposta o rischia di apparire un cumulo di personalità senza radicamento nella società. È già successo a molti prima di lei. Il rischio c’è. Staremo a vedere.

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