Caro direttore,
l’ultima intervista di Giulio Sapelli sul Sussidiario illustra bene la critica situazione dell’Unione europea, riassunta icasticamente nella definizione di “burocrazia celeste” per la cupola che ne gestisce tecnicamente il potere. Una burocrazia che ritiene di non dover rispondere ai popoli europei, che segnalano sempre di più la loro distanza da questo ircocervo che è diventata l’Ue.
Tuttavia, mi è rimasta qualche perplessità sulle critiche rivolte a Giorgia Meloni, critiche molto dure dato che si usano espressioni come “ingenuo, puerile atteggiamento”, con l’accusa alla Meloni di non aver “capito ancora come si lavora in Europa”. Ciò che mi lascia particolarmente perplesso è la “ricetta” che Sapelli suggerisce, quando scrive che la Meloni avrebbe dovuto “abbozzare” e cercare poi di ottenere qualcosa. Magari offrendo i voti di Fratelli d’Italia per sostenere la riconferma della von der Leyen. Sapelli ha ragione, perché il ricatto sembra essere il criterio dominante nelle trattative a Bruxelles, ma rimango perplesso di fronte a questo suggerimento.
La strategia suggerita mi sembra quella attuata finora dai precedenti Governi e i risultati non appaiono entusiasmanti. “L’Italia si metterà in coda ad aspettare quello che arriverà”, ma è quanto da molto tempo succede, nonostante il peso che l’Italia dovrebbe avere all’interno dell’Ue: terzo Paese per popolazione e per Pil, dopo Germania e Francia. Certo, c’è il problema del nostro debito pubblico, ma siamo anche lo Stato con maggiore volume di risparmio e se, come sarebbe corretto, si tenesse conto anche del debito dei privati, noi non saremmo in cima alla lista dei sorvegliati speciali.
Anche le nostre passate rappresentanze nell’Ue, sia a livello apicale che tecnocratico, al di là delle qualità delle singole persone, non mi paiono aver particolarmente influenzato le decisioni a Bruxelles. Inevitabilmente, peraltro, visto il dominio di Germania e Francia, fiancheggiate dai cosiddetti “frugali” nordici, e la debolezza dei nostri Governi.
Quindi, pur con la prudenza necessaria e le possibili critiche oggettive alle iniziative intraprese, mi pare che la strategia di opposizione della Meloni non sia condannabile a priori. A meno che si dimostri una sorta di borbonico “facite ‘a faccia feroce”, ma per il momento non mi sembra il caso. Tanto più se il Pd della Schlein seguirà l’invito di Sapelli: “Il Pd dovrebbe battersi per rivedere profondamente i Trattati europei e trovare su questo convergenze con il Governo. Non è il momento di dividere la nazione”. Il pragmatismo che sembra caratterizzare le due leader può rendere possibile questa ipotesi, che renderebbe più solida anche la posizione di entrambe all’interno dei propri schieramenti.
Del tutto condivisibile anche la considerazione di Sapelli sulla necessità di un’accorta politica delle alleanze, lavoro finora non fatto in modo efficace, non solo dall’attuale Governo. La diarchia Germania-Francia è decisamente in crisi, anche per i notevoli problemi interni dei due Paesi, e si stanno delineando sempre più raggruppamenti per interessi e per territorialità. Vengono quindi in luce come questi interessi siano spesso divergenti, sia per singoli Paesi che per aree geografiche. L’attenzione del Centro-Nord e dell’Est dell’Ue è concentrata sulla Russia, per molti aspetti a rimorchio delle posizioni della Nato e, come nota Sapelli, il successore del duro norvegese Stoltenberg, l’olandese Rutte, porterà a un aumento dell’ostilità verso la Russia.
In questo quadro il Mediterraneo, dove l’Italia è centrale, sembrerebbe giocare un ruolo secondario, malgrado i problemi che lo caratterizzano. Un breve elenco: la forte e continua immigrazione, il pericolo islamista e le tragiche conseguenza della guerra a Gaza, la sempre maggiore presenza della Cina e della Russia, anche militare, in Africa e sullo stesso Mediterraneo.
Comunque sia, l’Italia non può rimanere inerte aspettando Bruxelles.
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