Un accordo che prevede il controllo dei flussi migratori, ma anche una serie di interventi per lo sviluppo economico del Paese, con investimenti nel trasporto aereo, nel turismo e nel campo dell’energia sostenibile. Ora, però, bisognerà vedere che cosa si potrà attuare, se l’auspicata maggior collaborazione tra la Guardia costiera tunisina e quella italiana riuscirà perlomeno a contenere i viaggi dei barchini, se l’ambizioso programma di interventi nell’economia potrà dare l’impulso necessario ad evitare la bancarotta di una nazione intera.
Nel memorandum firmato tra Ue e Tunisia, finalmente diventato realtà nell’incontro tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, il presidente olandese Mark Rutte e quello tunisino Kais Saied, c’è tutto questo. Un documento di rilievo atteso adesso alla prova dei fatti. “Nell’accordo c’è molto -spiega Fausto Biloslavo, corrispondente di guerra de il Giornale– Prevedono 17 motovedette per la Guardia costiera, poi c’è un aumento del controllo nelle frontiere di terra con Algeria e Libia. Si parla di rimpatri dei tunisini e dei subsahariani che si trovano in Tunisia. Bisognerà vedere se si riuscirà a realizzarlo”.
Uno dei cinque pilastri indicati come travi portanti del memordanum Ue-Tunisia riguarda gli interventi previsti per il traffico di migranti: cambia qualcosa rispetto alle precedenti strategie di contrasto?
Non ci sono soluzioni miracolistiche, ma qualcosa c’è o almeno è messo nero su bianco. Tra le misure più importanti è previsto un maggior coordinamento tra la Guardia costiera italiana e quella tunisina nelle operazioni in mare. Se ci sarà veramente non dico che si potrà parlare di blocco navale, però il contrasto potrà diventare qualcosa di diverso da quello che c’è adesso. L’uso delle motovedette, il controllo dei confini con Libia e Algeria, i rimpatri, possono dare una mano: bisogna vedere se quello che è previsto sulla carta diventerà realtà. Se così fosse saremmo a posto. Ma ad esempio la lotta ai trafficanti che cosa significa? La faranno in maniera incisiva?
In Tunisia rimane la questione dell’allontanamento un po’ “sbrigativo” dei subsahariani. A Sfax sono stati anche mandati nel deserto senza troppi complimenti. Nell’accordo ci sono garanzie sul loro trattamento?
Nella parte del memorandum in cui si parla di migranti è specificato che tutto, rimpatri dall’Italia alla Tunisia o dalla Tunisia ai Paese africani, deve avvenire nel rispetto dei diritti umani e delle norme internazionali. Fino ad ora è successa un’altra cosa, anche perché il problema è in piena esplosione. È anche vero che negli ultimi giorni sono intervenuti i Governatori locali dicendo che queste persone vanno sistemate in strutture minime di accoglienza, tipo le scuole dismesse. Un altro punto che bisognerà vedere come attueranno, così come occorrerà verificare se aumenteranno i rimpatri dei tunisini e dei subsahariani. La Tunisia ha messo nero su bianco che non vuole essere un Paese di insediamento di migranti irregolari: non vogliono diventare il campo profughi d’Europa. Sulla carta, comunque, quello raggiunto è un buon risultato.
Si tratta di accordi che comunque non sono facili da realizzare?
C’è una parte in cui si conviene di adoperarsi per operazioni di ricerca e salvataggio in mare e per l’attuazione di misure efficaci per combattere i trafficanti e la tratta di esseri umani. Oltre che per rimpatriare ulteriormente i tunisini che sono migranti irregolari: se sarà così sarà un bene perché fino adesso siamo stati lenti. Sarebbe già molto rispetto alla situazione attuale.
C’è comunque il dato politico che l’Unione europea stavolta ci ha messo la faccia, un aspetto importante?
L’ha fatto anche con la Turchia solo che là i flussi erano via terra. Alla fine non andiamo tanto in là. Mentre i turchi si sono tenuti i migranti, tre milioni di siriani, i tunisini però non lo vogliono fare, vogliono rimpatriarli. Anche questo è fattibile, Iom, l’organizzazione internazionale per le migrazioni dell’Onu lo fa dalla Libia, anche se in tono minore. Se la Ue si impegna e i rimpatri dei subsahariani diventano importanti può funzionare. È tutto un se. D’altra parte questa è la prima mossa.
C’è tutta una parte dell’accordo, gli altri quattro pilastri, in cui si parla sostanzialmente di economia: dalla formazione dei giovani, allo sviluppo, agli investimenti per il trasporto aereo e il turismo fino alle sinergie per le energie rinnovabili. Quanto conta questa parte?
Un punto interessante. La Tunisia non è la Libia, è un porto sicuro. Ovviamente è in una grave crisi economica e politica. Bene o male si può cercare di dare una mano per investire ed evitare che i tunisini partano. Tutto questo, comunque, non cambia dall’oggi al domani. Alla fine dell’anno noi avremo 150mila migranti che saranno arrivati. Gli effetti si possono vedere anche nel prossimo anno se si cominciano a far funzionare questi accordi, però non c’è la bacchetta magica che risolve tutto dall’oggi al domani.
C’era bisogno forse di un intervento con effetti più immediati, visto come è messa la Tunisia ora?
I 105 milioni di euro previsti per i migranti sono una fetta di 750 e si arriverà a 900. Non sono proprio pochi. Ci sono 150 milioni per il bilancio dello Stato. Danno degli anticipi: per esempio 50 milioni che riguarderanno le motovedette. A catena dovrebbe investire il fondo monetario internazionale. Certo, per tutto questo occorre tempo. Non è che con il memorandum i barchini non partono. Continueranno a partire per tutto l’anno. Potrebbero diminuire così come potrebbe diminuire il peso dei migranti subsahariani.
Sarà importante anche la realizzazione della parte economica dell’accordo, che almeno per quanto riguarda l’energia sostenibile può essere positiva anche per l’economia italiana ed europea.
Certo. L’Italia ha sempre investito in Tunisia: grandi aziende e investimenti che sono sopravvissute alla primavera araba. Se il Paese tornasse stabile com’era gli italiani potrebbero riprendere a fare i turisti. E non solo loro. La Tunisia va aiutata nel solco di questo memorandum senza pretendere tanti esami di democrazia che lasciano il tempo che trovano. Se pretendi che diventi come un alpeggio svizzero questo non succederà mai. Non può essere un grimaldello per fare saltare tutto come è nei piani di alcune ong, anche tunisine. Ci vuole un approccio pragmatico. Chiaramente bisogna intervenire se lasciano morire i migranti di sete nel deserto, anche sfruttando i soldi del memorandum, ma da questo Paese non bisogna pretendere troppo. Bisogna chiedere che rispettino la democrazia “alla tunisina maniera”. Poi non mi sembra che questo presidente sia Hitler o Stalin, e neanche che il sistema sia come quello comunista in Cina.
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