Iniziata finalmente la discussione sulla prossima Legge di bilancio, sono arrivate le prime indiscrezioni. Tra queste quella rilanciata da Il Foglio che ha anticipato un’idea del Ministro Giorgetti a proposito di una misura di contrasto alla denatalità. Da quello che viene narrato, l’idea del titolare dell’Economia sarebbe quella di sviluppare una specie di quoziente familiare dal costo specifico di 5-6 miliardi. Non si tratta esattamente del quoziente familiare come è stato proposto negli anni dalle associazioni familiari e come è vigente in Francia, ma è sicuramente un passo avanti verso una riforma economica e culturale tanto attesa quanto ritardata. La proposta, così sembrerebbe, riguarda il sistema delle detrazioni, cioè la possibilità di ridurre le imposte da pagare. Se le deduzioni agiscono sull’imponibile (quindi andando a modificare il reddito da tassare), le detrazioni agiscono ex post, impattando direttamente sulle imposte e non sul reddito. Più precisamente l’idea di Giorgetti sembra essere quella di rivedere le regole delle detrazioni così da consentire a chi ha più figli di aumentare le detrazioni e quindi pagare meno tasse. Come giustamente ha detto il direttore Claudio Cerasa, si tratta in sostanza di “un quoziente familiare per le detrazioni”.



Se fosse vero (e per questo bisognerà attendere la Manovra) sarebbe un primo grande passo a favore delle politiche familiari. Non va certo scordato che c’è anche un altro strumento, l’assegno unico, che attende di essere rafforzato, ma mettere in contrapposizione l’uno con l’altro è un errore: l’esistenza di questo, infatti, non pregiudica l’introduzione di questa nuova e attesa misura, anche se certo non sarà la soluzione definitiva per un problema molto più complesso.



La differenza sostanziale tra i due è anche culturale: se con l’assegno, infatti, è lo Stato a dare un contributo alla famiglia (cosa positiva, entro certi limiti), con le “detrazioni familiari”, come si potrebbe chiamare la misura, le risorse rimangono direttamente all’interno del nucleo familiare. Si riconosce dunque il rapporto diretto tra reddito e presenza di figli (quindi la spesa familiare) nella tassazione, anche se attualmente non è ancora prevista la soggettività fiscale della famiglia. Non è solo una questione di spesa, ma è anche un segno culturale che indica la volontà di sostenere le famiglie con figli. Che non vuol dire discriminare chi figli non ne ha o non ne vuole avere, ma semplicemente riconoscere da un lato che le spese per chi ha figli sono maggiori, e quindi va trattato di conseguenza a livello fiscale, e dall’altro che chi ha figli va sostenuto perché fa un investimento di cui gioverà tutta la società (non solo a livello economico). In questo momento, infatti, a parità di reddito chi non ha figli paga le stesse tasse di chi ce li ha, con una differenza non da poco: i primi infatti non hanno le uscite che invece hanno i genitori per i bambini, che si stima essere di 170mila euro nei primi 18 anni di vita.



Dunque, da quello che è uscito finora, la detrazione familiare sembra poter essere un buon passo per permettere a chi ha il desiderio di fare figli di avere qualche ostacolo in meno per quanto riguarda il lato economico. Ci sono altri ambiti che vanno ancora approfonditi e affrontati, come ad esempio il mondo del lavoro e il modello madre-lavoratrice, quasi da inventare e che non riguarda solo la proposta dell’esonero contributivo per le madri lavoratrici, seppur positiva; in ogni caso se questa indiscrezione divenisse realtà sarebbe un primo successo per tutto il Paese e non per una sola parte politica. Da questo punto di vista è necessario che la politica esca dal guazzabuglio degli ultimi anni, indipendente dal colore politico del Governo, fatto di polemiche, per concentrarsi e collaborare su una necessità del Paese e che quindi riguarda tutti.

Uscendo dalla questione prettamente economico-politica, certamente importante, è bene ricordare che i bambini sono sì i futuri contribuenti (quindi chi pagherà le pensioni degli odierni lavoratori), ma sono anche e soprattutto bene comune, ricchezza sociale, bellezza della vita. Non dimentichiamoci di questo, anche quando si parla di figli in funzione economica e di natalità. I numeri servono, fanno capire meglio il fenomeno dandogli le giuste ed enormi proporzioni, ma non sono tutto. Prima di questi ci sono volti, storie, giusti desideri di genitorialità che non chiedono altro che non avere ostacoli. Perché i bambini sono la bellezza della società di oggi e di domani. Ecco perché servono incentivi: certamente per le pensioni, per un ricambio generazionale, per il Prodotto interno lordo, per una competitività economica che altrimenti verrà meno. Sono questioni vere e già ampiamente trattate. Ma non dimentichiamoci che i bambini sono il bene comune della società: forse, se si dovesse fare un’analisi sociologica di quest’epoca, quello che manca al giorno d’oggi è proprio il guardare il mondo con occhi di bambino.

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