C’è qualcuno che se ne frega delle limitazioni delle emissioni, del divieto di commercializzare auto a motore termico, della diatriba sull’idrogeno, dei tempi di ricarica. A dire la verità non sono moltissimi, e contarli non è facile. Di sicuro sono 499, ovvero quelli che hanno deciso di spendere tra i 350 e i 400 mila euro per portarsi a casa una delle Aston Martin Dbs 770 Ultimate, presentata al mercato quando già il book delle prenotazioni era al completo. Ma tutti i marchi di lusso fanno a gara per presentare modelli ancora più esclusivi a tiratura limitata e a prezzi esorbitanti. A memoria, tutti riescono a piazzare sul mercato tutta la produzione e moltissimi lo hanno fatto prima ancora di darle il via.
È il mercato, bellezza. I costruttori mass market si lambiccano il cervello per riesumare vecchie icone e poterle far strapagare, quelli premium alzano i prezzi puntando su auto full optional senza sconti e quelli del lusso vanno all-in, centellinando la produzione di opere d’arte su quattro ruote. Nella scultura, però, viene considerato un pezzo unico se realizzato fino a nove copie, nel lusso automotive ci si spinge un po’ più in là e si arriva anche, come nel caso di Aston Martin, a 500. Ma se il prezzo sale scende il numero di vetture prodotte fino ad arrivare alle one off, come la Ferrari Omologata, pezzo unico da 2,15 milioni di euro.
A potersele permettere, poi, queste vetture sono anche un investimento. Il numero limitato ne certifica la rarità e al momento dell’uscita dalla casa madre (perché certe auto non si passano a ritirare dal concessionario, ma si viene invitati, naturalmente in pompa magna, a “incontrarle” nella sede di produzione) non perdono valore come accade, sempre, per le auto di serie.
Anzi. Come per gli orologi delle marche più prestigiose, sul mercato dell’usato (che, detto così, fa un po’ povery e quindi viene meglio definito in inglese con la frase “second hand”) si rischia, anche subito, di spuntare prezzi superiori a quelli che si sono pagati perché chi è rimasto fuori dalla lista di prenotazione e ha i soldi per poterla pagare anche di più. Anzi, non è raro che i fortunati inseriti nella lista di prenotazione tentino di monetizzare l’investimento quando l’auto non è ancora stata prodotta. È capitato a Ferrari, ad Aston Martin e persino a Mercedes. Quest’ultima aveva lanciato nel 2018 la Project One, una super car da 2,7 milioni di dollari prodotta in 275 unità. Qualche giorno dopo l’annuncio del sell off, un fortunato possessore della prenotazione ha cercato di rivenderla esattamente al doppio del prezzo che aveva promesso di pagare. Non è detto che ci sia riuscito, ma il fenomeno esiste visto che alcuni brand di lusso hanno minacciato di bannare i clienti che volessero tentare questa operazione.
Nel tempo, poi, le auto di lusso, le supercar, si usano, si sfoggiano, si ammirano, ci si fa ammirare e finiscono per rivalutarsi ancora. Un esempio? Paradossalmente andiamo a vedere un flop clamoroso di un marchio di lusso: la Aston Martin Cygnet. È, o meglio era visto che l’hanno prodotta solo per due anni dal 2011 al 2013, una piccola vettura da città quasi completamente identica alla Toyota Aygo con cui aveva in comune oltre il 90% dei componenti. Ma la giapponese costava circa 14 mila euro, mentre la Cygnet aveva un prezzo di listino di 39.500 euro. Oggi se vendete una Aygo di 10 anni riuscirete a incassare poche migliaia di euro. Se, invece, avete in garage una Aston Martin Cygnet potete spuntarne anche 50 mila. Insomma. Basta avere i soldi e si casca sempre in piedi.
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