Il numero uno di Mercedes-Benz ha chiesto all’Ue di ridurre i dazi sulle auto elettriche importate dalla Cina, quando in realtà la Commissione sta pensando di fare il contrario per promuovere il green senza fare riferimento a batterie e altri elementi necessari per la costruzione in arrivo da Oriente. Le due visioni sono dunque completamente opposte.



“L’aumento della concorrenza cinese aiuterebbe le case automobilistiche europee a produrre auto migliori nel lungo periodo. Il protezionismo sta andando nella direzione sbagliata”, ha affermato l’amministratore delegato Ola Källenius in una intervista al Financial Times. “Le aziende cinesi che esportano in Europa sono la naturale evoluzione della concorrenza che deve essere soddisfatta con prodotti migliori, tecnologie migliori e maggiore agilità. Questa è l’economia di mercato. Lasciamo che la concorrenza si esprima. Non aumentate le tariffe. Io sono un bastian contrario, penso che si debba fare il contrario: prendere le tariffe che abbiamo e ridurle”.



Mercedes-Benz chiede a Ue di ridurre dazi su auto elettriche importate da Cina: il motivo

Mercedes-Benz ha non pochi interessi a chiedere all’Ue la riduzione dei dazi sulle auto elettriche importante dalla Cina, dato i fitti rapporti con l’Oriente. Geely e SAIC, controllate dallo Stato cinese, possiedono infatti un quinto delle azioni della casa automobilistica. Più di un’auto su tre prodotta da quest’ultima inoltre è venduta nel Paese in questione. In questo caso le aziende europee pagano il 15% per esportare, mentre i veicoli elettrici cinesi attualmente sono soggetti a una tariffa del 10%, che potrebbe però presto diventare più alta.



Non sarebbero però esclusivamente personali ed economici i motivi della richiesta. “È stata l’apertura dei mercati che ha portato alla crescita della ricchezza, soprattutto nella meraviglia economica della Cina, che ha fatto uscire centinaia di milioni di persone dalla povertà”, ha continuato Ola Källenius. E conclude: “Se crediamo che sia il protezionismo a darci il successo a lungo termine, credo che la storia ci dica che non è così”.