Meredith Kercher è stata uccisa brutalmente la notte tra l’1 e il 2 novembre 2007 nella sua casa di via della Pergola a Perugia, dove viveva con altre ragazze nell’ambito di una parentesi di studio in Italia. Studentessa inglese con la passione per il Belpaese, proveniva dall’Università di Leeds e al momento dell’omicidio aveva appena 21 anni. Per la sua morte, diventata un caso internazionale noto alle cronache come il “delitto di Perugia“, nel 2010 fu condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione l’ivoriano Rudy Guede, tornato in libertà nel 2021 dopo aver scontato la pena.
Inizialmente, a finire sotto accusa per l’uccisione di Meredith Kercher nel delitto di Perugia furono una coinquilina americana originaria di Seattle, Amanda Knox, e l’allora fidanzato di quest’ultima, Raffaele Sollecito. Entrambi furono prima condannati e poi definitivamente assolti all’esito del processo per il delitto, dopo aver trascorso 4 anni in carcere. I loro nomi, da allora, continuano ad aleggiare intorno alla drammatica vicenda come ombre indissolubili per via di quello che la stessa Knox ha definito un “pregiudizio” indelebile.
L’omicidio di Meredith Kercher: la ricostruzione e il movente del delitto di Perugia
Meredith Kercher, secondo la ricostruzione processuale, morì per un “doppio meccanismo asfittico ed emorragico“. Stando all’autopsia, il corpo, trovato nella sua camera da letto riverso a terra e coperto sommariamente con un piumone, presentava 47 ferite da punta e da taglio – “l’emorragia – scrissero i giudici – derivò dalla lesione cardiovascolare provocata dalla ferita maggiore inferta al collo” e la frattura dell’osso ioide “per azione costrittiva“. Sul volto di Meredith Kercher, in particolare intorno al naso e alla bocca, numerose ecchimosi verosimilmente riconducibili ad un tentativo di impedirle di urlare da parte del suo assassino. L’asfissia, secondo l’esito dell’esame medico legale, fu dovuta al concorso tra l’aspirazione del proprio sangue e una “ulteriore azione di strozzamento/soffocamento“.
Il movente del delitto di Perugia fu inizialmente ricondotto alle presunte tensioni tra Meredith Kercher e la coinquilina americana Amanda Knox, poi uscita definitivamente di scena con l’assoluzione in Cassazione. Secondo quanto ricostruito dalla sentenza conclusiva del processo, che ha visto Rudy Guede come unico condannato per l’omicidio della studentessa inglese, il movente fu invece di natura sessuale.
Rudy Guede e la condanna per il delitto di Perugia: “Mie mani sporche del sangue di Meredith Kercher perché…”
Rudy Guede è stato scarcerato nel 2021 dopo 13 anni di detenzione per l’omicidio di Meredith Kercher. La giustizia italiana lo ha riconosciuto come colpevole, ma lui ha sempre respinto le accuse sostenendo di non essere l’assassino della 21enne. Appena tornato in libertà, è andato a vivere a Viterbo e ha rilasciato diverse interviste nelle quali ha continuato a dirsi innocente.
Come quella resa al Corriere della Sera, quotidiano al quale ha detto quanto segue: “Se le mie mani sono sporche di sangue, è perché provai a salvarla“. L’ivoriano ha poi parlato in tv, ai microfoni di Andrea Purgatori per la trasmissione Atlantide, e al settimanale Nuovo ribadendo la sua estraneità alla morte di Meredith Kercher: “Chi non mi crede legga gli atti (…). Ho sbagliato, ma non sono un assassino – questo un passaggio della sua versione riportata dal settimanale Nuovo –. In quegli istanti la paura ha preso il sopravvento e sono scappato come un vigliacco lasciando Mez (Meredith, ndr) forse viva. Di questo non finirò mai di pentirmi“. Rudy Guede si è definito un “capro espiatorio perfetto”, vittima di un errore giudiziario: “Sarebbe stato giusto riaprire il processo e rivedere la mia posizione, perché passa questa strana immagine che io sia l’unico condannato e quindi anche il colpevole, ma non è così. Sono stato condannato in concorso con due soggetti che ora sono liberi (…). Condannato in concorso come concorrente minoritario, a questo punto mi sono battuto per dire ‘Scusate, se due soggetti sono liberi io cosa posso aver fatto?’ Purtroppo, una volta che la Cassazione ha messo fine a questo discorso, ci vorrebbe che i due soggetti confessassero quello che hanno fatto“.