Meri Zorz, l’avvocata accoltellata da un cliente a Treviso, ha parlato a Storie Italiane del dramma vissuto lo scorso 24 aprile. Giuseppe Silvestrini, infermiere che stava assistendo in una causa per una successione ereditaria, l’ha aggredita dopo che ha saputo che era intenzionata a rinunciare all’incarico e successivamente si è impiccato nella sua abitazione. “L’uomo che conoscevo io era dolce e amabile. Non aveva mai manifestato segnali di squilibrio né tanto meno atteggiamenti violenti nei miei confronti. Continuava a dirmi di volermi bene, che ero la sua salvezza. Non avrei mai pensato che potesse farmi del male”, ha raccontato.



La mattina di quel lunedì, tuttavia, qualcosa è cambiato. “Avevamo concordato l’appuntamento la mattina stessa, dopo un weekend in cui Giuseppe aveva cercato di parlarmi telefonicamente. Io, in virtù della decisione di rinunciare all’incarico che avevo preso, non gli avevo risposto. È questo che probabilmente ha fatto scaturire la sua rabbia, si è sentito per l’ennesima volta solo e abbandonato”, ha riflettuto la donna. Inizialmente, però, non si è sentita in pericolo. “Non ho notato nulla di strano. Abbiamo guardato insieme i documenti che dovevo restituirgli, è stato molto collaborativo”.



Meri Zorz, avvocata accoltellata da cliente: il racconto del dramma

Una frase pronunciata da Meri Zorz, l’avvocata accoltellata dal cliente, avrebbe tuttavia fatto scaturire il raptus di Giuseppe Silvestrini. “Dopo avere terminato con le pratiche, gli ho chiesto cosa fosse successo nel weekend. Mi aveva infatti mandato diversi messaggi, ma poi li aveva cancellati. In quel momento si è trasformato in un mostro. Mi ha risposto ‘sai benissimo cosa è successo’, poi con un gesto repentino ha estratto il coltello ed è venuto dietro la scrivania a colpirmi. Non so se aveva l’arma nella giacca oppure nella borsa”.



I ricordi della vittima, da quel momento, sono confusi. “Ho battuto la testa, ma sentivo le coltellate in diversi punti del corpo. Sulla spalla ho le ferite più gravi. Ad un certo punto ho sentito la lama sul collo, che pressava su e giù ma non tagliava perché era dal lato sbagliato. Non se ne accorgeva. In quel frangente ho avuto la lucidità di dirgli che c’era la mia bambina ad aspettarmi a casa. Giuseppe conosceva mia figlia, diceva che era un angelo e che gli dava serenità. Gliel’ho ripetuto due volte. Poi sono riuscita ad alzarmi in piedi e ho fermato l’ultimo suo colpo con la mano, recidendomi il nervo. Gli ho detto “basta”, così si è bloccato ed è scappato”. Poco dopo l’uomo sarebbe stato ritrovato morto nella sua abitazione.