L’eurogruppo raggiunge un accordo, un documento comune dopo due giorni di dibattiti, sospensioni, incontri bilaterali e scontri continui. Sostanzialmente l’accordo finale al momento sembra una luce fievole in fondo al tunnel e si basa su quattro punti: un rafforzamento della Bei (la Banca europea degli investimenti) che dovrebbe assicurare 200 miliardi di euro; quindi 100 miliardi dal Sure, il nuovo strumento europeo per la cassa integrazione; quindi il Mes con condizioni apparentemente leggere legate al periodo del coronavirus; infine la proposta francese, con la Germania d’accordo ovviamente, di un Fondo per un piano di rinascita di 500 miliardi che si stabilirà in Consiglio europeo, cioè dai leader degli Stati, la prossima  settimana.



Ci si è stupiti, di fronte a questo accordo, per l’entusiasmo, un po’ sopra le righe, di Paolo Gentiloni, del ministro Roberto Gualtieri e anche del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. Forse si erano tolti un peso dallo stomaco dopo tre giorni infernali.

Ma la politica richiede freddezza e razionalità, non l’entusiasmo dei neofiti. Gualtieri diceva addirittura in conclusione dell’eurogruppo: “Messi sul tavolo i bond europei, tolte dal tavolo le condizionalità del Mes. Consegniamo al Consiglio europeo una proposta ambiziosa, ci batteremo per realizzarla”.



Ma forse Gualtieri non aveva letto bene lo spirito e tanto meno il contenuto del documento, perché dei coronabond, tanto meno dei bond, non si parla affatto, restano fuori; e gli olandesi, pur aderendo al documento finale, specificano: “Siamo e resteremo contrari agli eurobond”.

Quanto al Mes basta leggere la specificazione scritta nelle conclusioni: “Il solo requisito per accedere alla linea di credito del Mes sarà che gli Stati si impegnino a usarle per sostenere il finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette, cura e costi di prevenzione collegata a Covid 19”. E poi, per specificare ulteriormente: “La linea di credito sarà disponibile fino alla fine dell’emergenza. Dopo, gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamenti economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità”.



Dunque, il Mes, quello che Conte non voleva, resta tutto bello e ruspante. E i bond, “messi sul tavolo”, deve averli visti solo Gualtieri.

Forse non sappiamo più leggere noi, ma probabilmente l’euforia dei “nostri eroi” europei si potrebbe smorzare molto presto e magari sconfinare nella delusione una volta letto per intero il documento finale.

Certo l’Europa si è mossa, perché altrimenti avrebbe “chiuso bottega” subito. Ma guardando bene a quanto è il suo impegno, c’è il rischio che la chiusura sia solo rinviata.

La sensazione che si coglie è che, per salvare il salvabile di questa Unione Europea indecifrabile, si è raggiunto un compromesso, come avviene sempre in politica. Ma vista la linea vincente di Francia e Germania, si può dire che l’accordo è un compromesso al ribasso per l’Italia.

Ci auguriamo di sbagliare, ma visti i conti, la manovra che sarà di circa 1000 miliardi non potrà risolvere, alla lunga, nella parte soprattutto di prospettiva, i problemi italiani. A conti fatti, in un primo momento, si può azzardare che l’aiuto per combattere l’emergenza del Covid 19 può portare all’Italia circa 35 miliardi. È solo una prima stima.

Ma rispetto all’emergenza economica, a quella che viene chiamata la seconda fase, il rilancio, l’accensione del motore economico del nostro sistema, bisognerà aspettare la riunione dei leader, le decisioni del Consiglio, la credibilità di un bilancio da varare al più presto per poi dividersi quei 500 miliardi messi in conto.

Si può anche dire che, vista l’attuale situazione, una piccola boccata d’ossigeno è arrivata per un primo intervento, ma le prospettive restano incerte e molto vaghe.

Una cosa è certa: vista la situazione economica e sociale che sta vivendo il Paese è meglio non entusiasmarsi troppo. Se uno dovesse misurare le frasi di questo ultimo periodo, ripetute anche ieri dal presidente del Consiglio, dovrebbe fare delle acrobazie per comprendere la sua linea. Conte ha detto ripetutamente di volere gli eurobond e di non voler sentire parlare di Mes. Al termine di questo travagliato eurogruppo, Conte esce senza eurobond e con il Mes sempre presente e incombente.

Non avrà una stagione facile da affrontare questo governo, anche dopo questa tornata dell’eurogruppo europeo.

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