Il ministro Gualtieri si è lasciato sfuggire una frase rivelatrice: “Il Governo è al lavoro per evitare rivolte sociali”. Un’affermazione del genere non può essere interpretata che in maniera negativa perché indice di una situazione grave, ben conosciuta al Governo, a fronte della quale è lapalissiano che i membri del Consiglio dei ministri non mirano al rilancio dell’economia, bensì a emanare provvedimenti che tamponino una situazione esplosiva al solo scopo di contenerla: faranno il minimo indispensabile (anche meno, se pensabile e possibile) perché non si verifichi la prima (forse unica) vera insurrezione popolare.



La circostanza che la Commissione europea si era espressa per realizzare il varo del cosiddetto “Recovery fund” e ora voglia trasferire la discussione al Consiglio europeo appare come una conferma che l’Italia sia la cavia di un esperimento sociologico di distruzione della propria economia, che induce il Governo a tergiversare e raccontare continuamente versioni contrastanti per confondere i cittadini, e nella maretta riuscire a obbedire agli ordini ricevuti facendo soltanto ciò che non è possibile rinviare: la sua politica continuerà, cioè, a spostare in avanti e rinviare ad libitum le speranze dei poveri cittadini. Lo dimostra il fatto che tutti i partiti politici paiono morire dalla voglia di indebitarsi con questa Unione Europea (tanto paga Pantalone… le future generazioni che già sono sotto scacco).



C’è veramente un vantaggio? Esaminiamo il Mes. I fondi di questo istituto vengono versati dai singoli Stati aderenti sulla base della propria quota di partecipazione. Ciò significa che l’Italia, per fare i versamenti richiesti, ha dovuto contrarre dei debiti in proprio, che dovrà restituire al mercato gravati degli interessi differenziali che questa Europa ci costringe a subire a causa dell’iniquo sistema degli spread. Se dovessimo ricorrere ai nostri fondi depositati per questo istituto dovremmo subire il pagamento di ulteriori interessi, da aggiungere a quelli di mercato. Un’operazione del genere – durante la mia attività lavorativa – sarebbe stata sospettata di irregolarità penale e sarebbe stata oggetto di segnalazione alla magistratura per i conseguenti accertamenti.



Ora passiamo al Recovery Fund. Questo istituto è stato introdotto per eliminare le conseguenze negative degli spread. Fino a quando non diverrà operativo, ciascun Paese deve ricorrere al mercato per ottenere le somme necessarie al finanziamento degli squilibri di bilancio in funzione delle spese da effettuare. L’esperienza empirica ha evidenziato che il mercato è riuscito a imporre differenti tassi di interesse a seconda dello Stato richiedente i capitali. Ne consegue che alcune nazioni, come l’Italia, nonostante la ricchezza finanziaria delle proprie famiglie e l’ingente concentrazione di patrimonio artistico, è costretta a pagare un ammontare di interessi usurari mentre altri Paesi godono di tali correttivi (l’Italia, ad esempio, è l’unico Stato dell’area euro al quale non è consentito di adottare correttivi per attenuare gli effetti negativi di una moneta a debito – come ho già evidenziato in alcuni articoli qui pubblicati – quali ad esempio l’ammontare irrisorio di monete coniate a paragone con altri Stati della stessa Ue, l’assenza di banche pubbliche che possano approvvigionarsi dalla Banca centrale a tassi negativi, ecc., perciò è matematicamente impossibile restituire i debiti gravati da interessi per oggettiva mancanza di denaro, rarefatta dal sistema adottato per emetterlo).

Il ricorso al Recovery Fund potrebbe introdurre per i Paesi come l’Italia un primo correttivo alla modalità di emissione dell’euro, perché il debitore verso il mercato non sarebbe più il singolo Paese, ma l’insieme dei Paesi. Il tasso di interesse viene reso eguale, ma va pagato. Pertanto, quando si parla di denaro erogato a fondo perduto significa che la raccolta unitaria fatta sul mercato dei capitali indebita allo stesso tasso di interesse, ma non è gratuito e andrà pagato dai singoli Stati aderenti all’euro, che dovranno, altresì, restituire i capitali ricevuti, anche se le somme versate figurano come contribuzione all’Europa.

Quando, invece, si parla di denaro prestato, significa che anche qui i capitali ricevuti andranno pagati come contribuzione all’Europa assieme agli interessi che maturano sulla raccolta collegiale, ma poi il Paese debitore dovrà aggiungervi gli interessi applicati dall’istituto del Recovery Fund. Per questo avevo cercato di calmare l’euforia della svolta europea in materia di formale collaborazione: in quella occasione, avevo evidenziato che le somme che l’Italia riceveva in prestito erano piuttosto consistenti (ben 91 miliardi contro 81 a fondo perduto) proprio perché occorreva assoggettarle al doppio tasso di interesse, quello generalmente attribuito a tutti gli Stati e, per noi, anche l’aggravio del costo, ovviamente da calcolare sia sulla quota capitale che sulla quota interessi; quindi, in definitiva avremmo pagato in forma mascherata lo spread: “occhio che non vede, cuore che non duole”. Questa è la vera Unione Europea, non quella che vogliono farci credere collaborativa e disponibile.

Ma non basta: dopo venti anni di privazioni, di stillicidio, di riduzione a povertà dei lavoratori (con relativa contrazione dei diritti sanciti anche dalla legge  300/70 – il famoso Statuto dei Lavoratori, con i relativi accordi migliorativi di secondo livello – e dei pensionati), gli “aguzzini” si sono stancati di aspettare, mostrano le zanne e la nostra morte la pretendono istantanea, tanto è che bisogna aggravare le condizioni tergiversando e raccontando confusamente di fondi europei a tassi calmierati; ma dove si vedono i vantaggi dei tassi calmierati? Si pagano i tassi di mercato, ma in più siamo assoggettati al “pizzo” europeo sui cospicui “fondi prestati” e anche al loro controllo (il fantasma della Troika sempre più di carne). Perciò non otteniamo nessun vantaggio se non qualche misero punto in meno equivalente allo 0,0…, continuiamo a essere il bancomat gratuito per questa Unione e la domanda permane: da dove prendiamo i soldi per restituire i prestiti del Recovery Fund, del Mes, dei relativi interessi e degli interessi sugli interessi? Il Governo non accenna alla risposta. Intanto prende i soldi a prestito per coprire le entrate che vengono meno, e poi?

Di recente in una delle solite trasmissioni di opinioni televisive gli ospiti affermavano falsi concetti di sovranità per convincere in modo subliminale che non ci sono soluzioni. Ma di soluzioni pacifiche ce ne sono tante. Bisognerebbe anche coraggiosamente rispondere: “No, grazie. Possiedo le soluzioni, preferisco fare da solo”, e soprattutto cominciare a fare da soli con le nostre forze (ci siamo sempre rialzati, tanto che girano vignette satiriche in cui qualche burocrate si chiede come facciamo a stare ancora in piedi…). Le soluzioni ci sono, leggetele sul web, le ho già indicate, mancano gli italiani veri! Quelli che, non ammaliati dal “pifferaio”, siano disposti a dare le redini governative a chi ha le idee chiare e non sia disposto a sprofondare fino a quando tutto diventerà irreparabile: occorre buttar fuori chi mette in cantiere e promulga leggi sadiche e inumane e fare come gli abitanti di Ninive, che ascoltarono i profeti, fecero penitenza e nessuno morì, come invece doveva accadere.