Dibattito rovente sul Mes. Sono giorni decisivi per il meccanismo europeo di stabilità e non si placa lo scontro tra governo e opposizione. Movimento 5 Stelle e Partito Democratico stanno provando a cavalcare la situazione per erodere i consensi della maggioranza, ma il premier Giorgia Meloni non è rimasto a guardare, sventolando in aula al Senato un fax che smonta la versione giallorossa. Giuseppe Conte ha risposto in maniera secca, contraddicendo il primo ministro. Ma la realtà dei fatti è chiara ed è legato alla risoluzione del 2020…
La questione della data della firma cede il passo all’aggiramento della volontà parlamentare durante tutta la fare negoziale, ha evidenziato La Verità: le linee di indirizzo del Parlamento non sono state rispettate né da Giovanni Tria, né da Roberto Gualtieri. Tra giugno e dicembre 2019 e dicembre 2020 ci sono tre risoluzioni parlamentari che hanno preceduto altrettante riunioni del Consiglio europeo in cui il Parlamento aveva indicato che la riforma del Mes doveva “inquadrarsi in una logica di pacchetto con riforma del Patto di stabilità e completamento dell’Unione bancaria”.
La verità sul Mes
In altri termini, nessun negoziato poteva dirsi concluso senza la definizione congiunta di un accordo su tutti i temi. La risoluzione del 2020 inchioda Conte: il suo governo era autorizzato a trattare sul Mes solo nella logica del pacchetto con le altre riforme. Quando ha firmato, l’attuale leader del Movimento 5 Stelle comunicava ai suoi ministri di occuparsi degli “affari correnti”, un perimetro d’azione non disciplinato da alcuna norma ed interpretato con una certa flessibilità a seconda del primo ministro. Quindi non mancano i dubbi sul fatto che la decisione di firmare la riforma del Mes fosse un atto rientrante in quel periodo.