La versione di Giovanni Tria sul fondo Salva Stati rivela più di un tema “spinoso” affrontato in questi giorni di totale baraonda tra Governo (scontro M5s-Pd), opposizione (attacco incrociato tra Salvini e Conte) ed Europa, con l’Italia non più così certa di siglare il via libera alla riforma del Mes di fine dicembre. Secondo l’ex Ministro dell’Economia, che con il Premier Conte ha negoziato nel giugno-luglio scorso il trattato sulla riforma strutturale del Meccanismo Europeo di Stabilità, non vi è la piena “certezza” – o quantomeno Tria non lo rivela – che Conte abbia avvisato i suoi due vice Premier sull’esito specifico del “nuovo” Mef trattato in Ue (e sottoposto al Consiglio Ue il prossimo 13 novembre). «Al termine delle trattative sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità nelle prime ore del mattino mi arrivò la telefonata di Conte che si complimentò per il risultato raggiunto. Immagino che i due vicepresidenti del Consiglio fossero informati del buon risultato», spiega Tria nell’intervista odierna a Repubblica. In quel “immagino” vi è tutto l’intero enigma politico di queste ore che lunedì prossimo in Parlamento il Presidente Conte dovrà “chiarire” al 100% onde evitare ulteriori frizioni interne all’attuale Governo Pd-M5s-LeU-Italia Viva. Il ricordo di Tria è freschissimo di quelle ore convulse: «il mandato era quello di non cedere su una questione non secondaria: alcuni Stati volevano che si prevedesse che le metodologie specifiche per valutare la sostenibilità dei debiti sovrani fossero rese pubbliche. Per noi era inaccettabile perché significherebbe aprire una corsa a valutazioni prospettiche anche fantasiose su un tema per noi di stretta competenza della Commissione che è un organo politico. Ci opponemmo e la spuntammo».



TRIA “SCARICA” CONTE MA “SALVA” IL MES

Per l’ex Ministro dell’Economia nel Governo Lega-M5s l’attuale Mes, se non approvato, sarebbe un autogol e non una difesa per il Paese-Italia: «La riforma del Mes non ci danneggia. Ed è meglio che ci sia il Mes piuttosto che non ci sia, anche se noi non abbiamo bisogno di essere salvati». Per Giovanni Tria gli sviluppi dell’intera trattativa vedevano Conte in prima linea con il Ministro che lo informava passo dopo paso: «accordo poteva essere migliore, ma qualsiasi istituzione è frutto di un negoziato tra molti governi». In merito alle forti proteste della Lega e di parte del M5s in Parlamento, Tria ammonisce «Si dovrebbe capire in Italia, ma anche negli altri paesi, che l’interesse nazionale si difende mostrando che esso coincide con gli interessi dell’Europa e delle altre nazioni. Non è nell’interesse di nessuno né creare difficoltà alla gestione del debito in Italia, né ostacolare la gestione di una crisi bancaria in Germania. Gli effetti devastanti cadrebbero in ogni caso anche sugli altri paesi per le interdipendenze delle economie». La “versione” di Tria si conclude poi spiegando perché nelle fasi iniziali del negoziato l’Italia non riuscì a far imporre le proprie intenzioni nel “nuovo” Mes: «Il negoziato si sviluppò nell’autunno del 2018, quando la nostra legge di Bilancio ebbe grossi problemi con l’ Europa e la nostra posizione negoziale era assai debole per i riflessi sui mercati finanziari. Andò tuttavia meglio nel giugno scorso, quando l’ accordo di massima fu tradotto in un articolato: in quella fase eravamo più forti, stavamo varando un aggiustamento di bilancio strutturale e in Europa eravamo più credibili e riuscimmo ad evitare formulazioni inappropriate e pericolose».

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