Caos in Messico, dove si è creato un cortocircuito a sinistra tra quote rosa, teoria del gender e candidature: basta che i candidati si dichiarino donne per “rubare” loro il posto. Ma facciamo un passo indietro fino al 6 giugno 2019, quando è entrata in vigore una legge, voluta fortemente dalla sinistra, sulla parità di genere, dal nome “Paridad en las candidaturas”, introdotta in occasione delle elezioni democratiche. Questa norma stabilisce che il 50% delle posizioni elettive, in qualunque tornata elettorale, va ricoperta dalle donne.



Si tratta di fatto di quote rosa con l’obiettivo di evitare il dominio maschile in ambito politico in Messico. Stando a quanto riportato dalla Verità, che cita Nuria Muina Garcia, nel 2024 quegli ambienti progressisti candidano “diversi uomini per correre come candidate donne”. Saranno in corsa nelle prossime elezioni municipali dello Stato messicano di San Luis de Potosì.



“SI DICHIARANO DONNE PER RUBARE LORO IL POSTO ALLE ELEZIONI”

A presentare candidati uomini come donne sono stati il Partito ecologista verde del Messico (Pvem) e il Partito della rivoluzione democratica (Prd), che hanno orientamento progressista e laicista. Le femministe radicali del blog Reduxx, che hanno denunciato l’inganno, fanno nomi e cognomi: da José Reyes Martinez Rojas, candidato dal Partito ecologista verde come donna a Venado, a Roberto Carlos Medina Hernandez, candidato da donna a Vanegas, mentre Daniel Alfonso Zavala de la Rosa fa lo stesso a Villa de Arista.

A scanso di equivoci, non si tratta di trans, ma di candidati uomini che sfruttano una legge sulla parità nelle candidature in Messico per togliere un posto alle donne, perché evidentemente non avrebbero potuto candidarsi visto che c’erano già troppi candidati maschi. Infatti, non hanno cambio nome legale o sesso, anzi alcuni di oro hanno famiglia e si mostrano con essa sui social. Eppure, il Consiglio statale elettorale che organizza e valuta i processi elettorali a San Luis non ha sollevato obiezioni.