La realtà digitale è ormai una nostra quotidiana compagna di viaggio. Lo smartphone serve ovviamente, almeno ogni tanto, per telefonare, ma è diventato anche un terminale per guardare la televisione, pagare con la carta di credito, fare un’operazione bancaria, impostare la sveglia al mattino, leggere un giornale o un libro, sfogliare un’enciclopedia, trovare la strada giusta. E potremmo continuare a lungo.



È ormai largamente condiviso il fatto di avere una doppia identità: quella reale, fatta di carne e ossa (o meglio, di anima e di corpo) e quella digitale che viene di volta in volta portata alla luce con username e password o magari anche solo con quel riconoscimento facciale che permette di essere riconosciuti semplicemente con lo sguardo.



Il digitale è una grande risorsa: l’estesa digitalizzazione della società moderna ci ha permesso di ridisegnare l’esperienza di moltissime delle attività che, solo fino a qualche anno fa, avevano una sola “natura”, quella fisica. Pensiamo agli incontri tra amici, fino a qualche anno fa si facevano praticamente solo “in presenza”; oggi tra Zoom e Teams possiamo partecipare attivamente da qualunque parte del mondo.

E non esiste più la off-line e on-line: siamo sempre onlife, termine coniato dal filosofo Luciano Floridi per rappresentare l’esperienza della continua interazione tra la realtà virtuale e quella materiale.



Gli ultimi quindici anni, dal 2007 quando è stato presentato il primo smartphone, hanno cambiato sostanzialmente il modo con cui facciamo le solite cose, ma hanno anche preparato il terreno a un nuovo rivoluzionario passo: quello di superare la realtà costruendone una nuova che si affianca e interagisce con la realtà in cui viviamo. È la sfida del metaverso, un termine che non a caso viene dal mondo della fantascienza, e che indica un nuovo mondo a tre dimensioni capace espandersi nel tempo, ma che tiene virtualmente memoria delle operazioni effettuate, e in cui possiamo operare insieme a un numero illimitato di altri protagonisti. Una dimensione che ha prospettive talmente grandi che ha convinto Mark Zuckerberg a cambiare il nome a Facebook, ribattezzandolo “Meta”.

Il metaverso è molto di più di una dimensione sperimentale, da paragonare e affiancare ai videogiochi. È ormai una grande potenzialità tecnologica pronta a diventare sempre più conosciuta e condivisa. Ne è convinto Lorenzo Cappannari che nel libro Futuri possibili. Come il metaverso e le nuove tecnologie cambieranno la nostra vita (Giunti, 2022), sottolinea come “in un futuro prossimo la realtà virtuale e la realtà aumentata daranno un contributo fondamentale alla percezione che abbiamo del nostro mondo. E non solo: saranno in grado di moltiplicare e offrire mondi alternativi in cui ognuno di noi potrà immergersi e credere”.

C’è molto da scoprire nelle potenzialità della tecnologia, ma è significativo che in questo libro Cappannari parta da un elemento che non è certo basato su algoritmi e memorie elettroniche: dalle emozioni, “la vera chiave di volta del comportamento umano, che se utilizzate con intelligenza diventano lo strumento principale per trasferire conoscenza, comunicare, intrattenere, convincere”.

La fiducia negli sviluppi della tecnologia deve quindi accompagnarsi alla conoscenza di quanto potremo avere a disposizione. E in questo il libro di Cappannori è particolarmente utile. Ma deve anche tenere come punto di riferimento continuo l’identità reale di ogni persona, con la sua sensibilità e le sue emozioni, senza lasciarsi sopraffare dalle tentazioni dell‘intelligenza artificiale o della realtà aumentata. 

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