Il passato di Putin nel KGB e il suo metodo

Il passato di Vladimir Putin, l’uomo che è riuscito a gettare sull’Europa lo spettro della guerra dopo decenni di pace, non è più da tempo un segreto ed è ormai piuttosto noto che in passato fu un agente del KGB, il temuto servizio segreto dell’Unione Sovietica. Meno nota, invece, è l’influenza che quell’esperienza ebbe su di lui, permettendogli di sviluppare al meglio il suo “metodo Putin” per il controllo delle persone, ma anche di intessere una fitta rete di contatti infiltrati.



Procediamo, però, per ordine, partendo dall’analisi che l’ex direttore degli archivi della Stasi (i servizi segreti della Germania Est) di Berlino-Hohenschoenhausen, Hubertus Knabe, ha svolto sulle oltre 500 pagine di documenti sull’attività del KGB a Dresda, diretto negli anni della guerra fredda proprio da Putin e nel corso dei quali sviluppò il suo metodo. Secondo lui in quei documenti di sarebbero delle lucide indicazioni su quella che sarebbe stata la deriva, forse, autoritaria del futuro leader della Russia. Sulla vicenda, invece, si sarebbe espresso anche lo storico italiano Gianluca Falanga, tra i maggiori esperti della Stasi, sostenendo sulle pagine del Venerdì di Repubblica, l’esistenza di un accordo tra Putin e la stessa Germania Est per la collaborazione.



Cos’è il metodo Putin: intimidazione, minacce e controllo

Insomma, da queste recenti analisi è emerso come Vladimir Putin negli anni del KGB fosse di istanza nella Germania Est, grazie ad un accordo che gli permetteva di operare sul territorio a patto che si concentrasse sull’occidente della nazione. Fu in quegli anni, a cavallo del crollo del muro di Berlino, che ebbe modo di apprendere alcuni tra i pilastri del suo “metodo Putin”, che l’avrebbe portato ad avere sotto di sé oltre 7mila spie infiltrate, di cui ora i nomi sono quasi completamente ignoti.

Ed era uno dei compiti principali di Putin nel KGB, nonché pilastro principale del suo metodo, individuare le persone, studiarle, seguirle, fino ad avvicinarle per ottenere la loro collaborazione, spiega Falanga. Un lavoro lungo e complesso, che poteva durare anche per mesi in base alla delicatezza dell’obbiettivo, e che richiedeva la capacità di rimanere nascosti costantemente nell’ombra. Trovò il metodo e il modo migliore per convincere, manipolare e raggirare gli obbiettivi affinché facessero ciò che voleva, imparando anche il classico metodo del KGB di provocare per vedere la reazione (esattamente come fa con la bomba atomica in questi mesi). Così, concretamente, nacque quello che è diventato il capo di stato di cui tutti parlano, Vladimir Putin con il suo metodo, temprato anche dalla repentina fuga che dovette fare, con il KGB, dopo la caduta del muro di Berlino, tornando in una nazione che era nel più totale declino. Tra quei 7mila inflitrati, inoltre, lo storico ritiene che ci possano essere alcuni tra i nomi degli attuali oligarchi, legati a lui e manipolati, oltre che finanziati affinché diventassero capi d’industria, manager e uomini potenti ed influenti.