Il metodo Tabata, la dieta di Noemi, consiste non soltanto nell’elaborazione di un nuovo piano alimentare, ma anche in una sorta di rieducazione psicologica che ha come fine ultimo quello di far acquisire al paziente delle ‘buone abitudini’ indispensabili per il mantenimento del risultato. A spiegarlo è la nutrizionista Monica Germani, che ha seguito personalmente la cantante in questo percorso di ‘crescita’ dal punto di vista interiore. Se da un lato, infatti, Noemi ha perso dei chili (15 in tutto, in un anno e mezzo), dall’altro ci ha guadagnato (anche) in termini di benessere e salute mentale: “L’aspetto nutrizionale è andato di pari passo al suo rapporto col cibo, che abbiamo corretto nel corso del tempo”, ha raccontato la dottoressa nel corso di un’intervista del 27 febbraio a Vanity Fair. “Ho inserito il cambiamento all’interno delle sue stesse abitudini, senza restrizioni e sempre attraverso una dieta bilanciata. Il successo di Noemi – prosegue – non è stato solo il dimagrimento, che è l’effetto di una nuova educazione alimentare. Siamo partite dal disordine e abbiamo messo ordine. Durante la dieta, Noemi ha sempre avuto le sue trasgressioni che ha imparato a controllare bilanciando al pasto successivo. Non aveva limitazioni su come cucinare gli alimenti e questo le ha permesso di riscoprirli, di riappropriarsi del gusto e di non vedere pranzo e cena come pasti tristi”.



Dieta di Noemi, un regime poco restrittivo

In realtà, sottolinea la nutrizionista, la dieta di Noemi non è nulla di complicato. Anzi: durante il percorso, sono concessi anche dei piccoli strappi alla regola, per esempio con i carboidrati, di cui lei stessa invita a ‘fare buon uso’. Per esempio, possono rappresentare delle gratificazioni, delle ‘coccole’ per spronarsi ad andare avanti. “Consiglio di non iniziare con un regime troppo restrittivo, perché non è sostenibile sul lungo periodo e si rischia di prendere ancora più peso”, mette in guardia la dietista. Monica Germani, infatti, lavora soprattutto sull’aspetto ‘interiore’ della dieta, perché è dal di dentro che nasce e matura la necessità (consapevolezza) di (dover) cambiare. “Cerco sempre di inserirmi nelle abitudini delle persone. Se c’è un paziente che non riesce a fare colazione, non lo obbligo, ma gliela faccio fare più tardi, bilanciando i nutrienti nello spuntino. Basta dare tempo al tempo, e alla fine nascerà in lui l’esigenza di fare colazione e non la abbandonerà più”.

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