Morta a 17 anni dopo un trapianto di midollo all’Ospedale Bambin Gesù di Roma: la terribile storia di Elisabetta ‘Lisa’ Federico, figlia di un biologo dell’Istituto Superiore di Sanità e di una archeologa, finisce nelle cronache nazionali dopo che il padre ha deciso di denunciare la struttura diretta dal professor Franco Locatelli, attuale coordinatore Cts e n. 1 del Consiglio Superiore di Sanità. La notizia viene riportata oggi in prima pagina da “La Verità”, con ampi stralci dell’appello su Change.org dettato dal biologo Maurizio Federico e dalla moglie Margherita, disperati per la perdita della figlia Lisa a soli 17 anni il 3 novembre del 2020: fatale fu un trapianto di midollo osseo avvenuto nella struttura d’eccellenza della Santa Sede, ma diversi presunti errori e disattenzioni vengono imputate all’equipe che ha seguito fin dall’inizio il caso di Lisa.

La famiglia Federico ha deciso di sporgere ufficiale denuncia – riporta “La Verità” – contro il reparto di oncoematologia e terapia cellulare-genica dell’ospedale diretto dal professor Locatelli: «È stato difficilissimo trovare periti disposti a valutare quello che è successo», spiega il biologo responsabile del Centro per la Salute Globale presso l’Iss, «quando sentivano parlare del reparto di Locatelli, si tiravano indietro. Perfino il Codacons, per la difesa dei di- ritti degli utenti e dei consumatori, mi rispose che l’avrebbe fatto volentieri ma il figlio del loro ematologo di fiducia era stato appena assunto dal Bambino Gesù». Alla fine grazie all’aiuto di un ematologo di Bologna, la documentazione prodotta di 3.500 pagine è stata presentata ai magistrati che dovranno ora indagare se vi siano stati degli effettivi errori nella gestione del caso di Lisa Federico.

LA DENUNCIA DEL BIOLOGO CONTRO IL REPARTO DI LOCATELLI

Dopo l’emergere della malattia – una citopenia refrattaria – il consiglio è stato subito il trapianto di midollo: a complicare i piani però è il germe antibioticoresistente, lo Pseudo monas Aeruginos, preso mentre si trovava ricoverata proprio al Bambin Gesù. Si cerca di accelerare i tempi, ma visto che nessun familiare risultava compatibile al midollo di Lisa, l’ospedale romano trova un donatore in Germania: «Però aveva un peso diverso da quello di mia figlia, che era di corporatura robusta, e con un gruppo sanguigno incompatibile», spiega ancora il biologo a “La Verità”. Non si pensa ad un donatore di riserva, anche probabilmente per le tempistiche urgenti dettate dal peggioramento delle condizioni di salute: i medici optano per una chemioterapia immunodepressiva di “condizionamento” per inattivare il sistema immunitario della paziente e impedire così il rigetto del trapianto. Il problema è che dopo l’arrivo del nuovo midollo, ci si rende subito conto dell’inadeguatezza di quel tipo giunto a Roma: «Non presentava il quantitativo sufficiente di cellule staminali utili per Lisa». Federico spiega come l’Ospedale Bambino Gesù si accorge dell’incompatibilità ma decidono comunque «di non privare il midollo del plasma del gruppo sanguigno incompatibile, per evitare di impoverirlo maggiormente. Effettuarono una plasmaferesi […] che però non fece abbastanza per scongiurare l’incompatibilità dell’infusine della sospensione midollare». Dopo poche ore dall’inizio della trasfusione, i dolori di Lisa si fanno lancinanti, con 12 ore di urla – raccontano i genitori – e soprattutto «Nessuno ci diceva nulla. Non interruppero la trasfusione, tutto quel sangue incompatibile finì nel corpo di Lisa». In quei giorni, lamentano Maurizio e Margherita, «Il professor Locatelli l’abbiamo visto solo un paio di volte, di sfuggita. Una volta si è fermato per dirci: “In Germania ci hanno fatto uno scherzetto”. Nulla più». Lisa morirà pochi giorni dopo e da quel momento i genitori intraprendono una battaglia ancora in corso per ristabilire la verità esatta di cosa sia successo.