Michael Collins è stato un eccellente pilota collaudatore. Mentre Neil Armstrong e Buzz Aldrin calcarono con i loro piedi il suolo lunare, Collins rimase al modulo di comando dell’Apollo 11. “Troppo prezioso” per rischiare che si facesse male. Alberto Angela ha avuto occasione di intervistarlo per lo speciale di Ulisse sull’allunaggio: “Ogni tanto mi sorprendo”, racconta un astronauta calvo, con le rughe e l’apparecchio acustico. “Passeggio di sera, vedo la Luna e penso: ‘Io lassù ci sono stato!”. Quanto all’esperienza del decollo, Collins la descrive in questi termini: “In quei momenti pensi: ‘Ci dev’essere qualcosa che non va’. Sei abituato a vedere sempre tanta gente, tanti tecnici, mentre quando si parte non c’è nessuno”. Poi viene l’ascensore, che ti porta su per decine di metri. “Io mi sono detto: ‘Dove sono? Chi sono?’. Più di tutto stupisce trovarsi davanti a “un enorme ammasso di macchinari”. Che dire invece della possibilità di non farcela? “Certo, io speravo di sopravvivere, ma la probabilità, oggettivamente, era del 50 per cento”. (agg. di Rossella Pastore)
Chi è Michael Collins
Michael Collins è una delle tre leggende che esattamente 50 anni fa hanno partecipato alla missione Apollo 11 realizzando il primo allunaggio dell’uomo. Assieme a lui anche Neil Armstrong e Buzz Aldrin, i quali, contrariamente a Collins, hanno avuto la possibilità di metter piede sul suolo lunare. Classe 1930, Collins è nato a Roma, dove rimase per qualche anni prima del trasferimento, assieme alla famiglia, negli Stati Uniti, a Washington. Pilota del modulo di comando dell’Apollo 11, prese la laurea presso la United States Military Academy e solo successivamente si arruolò nell’Aeronautica degli Stati Uniti. Dopo aver terminato con successo la missione dell’Apollo 11, nel 1970 si ritirò dalla NASA accettando un lavoro nel Dipartimento di Stato per gli affari pubblici. Negli anni seguenti divenne direttore del National Air and Space Museum, prima di approdare alla vicepresidenza LTV Aerospace.
Michael Collins: “Noi la punta di un gigante iceberg tecnologico”
In occasione del 50 esimo anniversario dallo sbarco dell’uomo sulla luna, Michael Collins ha ripercorso gli emozionanti momenti al timone della storica missione, dal decollo del 16 luglio del 1969 fino all’allunaggio, avvenuto quattro giorni dopo. “Noi tre eravamo solo la punta di un gigantesco iceberg tecnologico”, spiega l’astronauta in un’intervista concessa a CBS News, ricordando soprattutto lo straordinario impegno degli uomini che hanno partecipato alla missione dalla terra. Collins svela inoltre che al decollo, oltre alla pressione causata dalla forza di gravità, la squadra ha avvertito anche qualcos’altro: “Abbiamo sentito il peso del mondo sulle nostre spalle – rivela l’astronauta – tutti guardavano, eravamo preoccupati che avremmo rovinato qualcosa”. A seguire le loro gesta c’era infatti il mondo intero, collegato in diretta tv per seguire lo sbarco.
Michael Collins: “La Terra era una piccola cosa”
Tre lunghi giorni di viaggio, l’atterraggio non privo di problemi tecnici e tutta una serie di pressioni da tenere a bada: in occasione dei 50 anni dallo sbarco dell’uomo sulla luna, Michael Collins ricorda il suo viaggio a oltre 240 mila piedi dalla terra. In seguito all’atterraggio, Collins rimase indietro per consentire a Neil Armstrong e Buzz Aldrin di mettere piede sul suolo lunare, ma non dimentica le fasi concitate durante le quali il pilota automatico stava guidando il modulo lunare verso un cratere. Nelle sue parole, anche le emozioni provate una volta atterrato: “Essere vicino alla Luna è stato meraviglioso – spiega Collins a Fox News – ma, guardando la Terra, si vedeva questa piccola cosa, blu e bianca e molto brillante”. Vedere il nostro pianeta da quella prospettiva, spiega inoltre l’astronauta, “ha proiettato un’aura di grande fragilità e più scavi a fondo, più ti rendi conto di quanto sia fragile in realtà”.