E’ mezzogiorno e venti del 25 giugno 2009 quando viene chiamata una ambulanza nel quartiere di Holmby Hills a Los Angeles. I paramedici giunti nell’abitazione in pochi minuti trovano un uomo in fin di vita, non possono fare molto dopo aver provato un massaggio cardiaco per ben 42 minuti e lo ricoverano al Ronald Reagan Medical Center. Dopo un’ora di tentativi di resuscitarlo, viene dichiarato morto.
Non è una persona qualunque. Benché negli ultimi tempi sia un po’ scomparso dalle scene, è la più grande pop star vivente. Il suo nome è Michael Jackson. Il 28 agosto il medico legale decide che la sua morte è stato un omicidio causato da una overdose accidentale. Della morte viene accusato il suo medico personale, il dottor Conrad Murray che nel 2011 verrà condannato a 4 anni di carcere, di cui ne sconterà solo quattro. La colpa è quella di aver somministrato al cantante per via endovenosa del propofol senza attaccarlo ad una pompa d’infusione, un farmaco anestetico e un agente ipnotico, a breve durata d’azione, usato per sedare e anestetizzare i pazienti, e due dosi di benzodiazepine, psicofarmaci usati per disturbi da panico e insonnia gara le altre cose. Un comportamento negligente, per i giudici. Jackson soffriva di insonnia cronica e problemi di ansia e panico da tempo, anche se l’autopsia rivelò che in sostanza l’artista godeva di buona salute e il suo cuore era sano. Nonostante questo, molte persone che lo conoscevano personalmente dichiararono che l’artista prendeva anti dolorifici da anni, che era molto magro, che non riusciva a dormire e mangiava poco. L’uso esagerato di anti dolorifici oppiacei è una piaga molto comune in America, in quanto possono essere venduti senza ricetta e di cui abusano milioni di persone, dalla casalinga al manager, causando molte morti.
Il giorno prima, apparentemente in ottima forma e buon umore, Michael Jackson si era recato alle prove in corso per quello che sarebbe stato un evento straordinario, una serie di concerti che si sarebbero dovuti tenere da luglio di quell’anno fino al marzo 2010 alla 02 Arena di Londra, un ritorno sulle scene con il botto. Jackson giunse alle prove verso le 6 e 30 di pomeriggio lamentandosi di avere un po’ di laringite, e cominciando le sue prove solo verso le 9 di sera. Per i presenti, era in ottima forte e godeva di grande energia. Ci sono filmati di quella sera che lo dimostrano. Le prove durarono fino a dopo la mezzanotte. Il giorno dopo il medico Conrad Murray, secondo la sua testimonianza, era entrato in camera di Jackson trovandolo a letto con problemi di respirazione, incosciente e di aver cercato di praticarli un massaggio cardiaco. Secondo i soccorritori giunti sul posto, Jackson si trovava in completo arresto cardiaco.
Con il tempo, si sono fatte le più disparate ipotesi. La sorella La Toya arrivò a dire che Jackson era stato ucciso per entrare in possesso del suo catalogo di canzoni, che valeva e vale milioni di dollari. In realtà al momento della sua morte Jackson era un uomo fiaccato da anni di processi per accuse di pedofilia (che continueranno anche dopo la sua morte), un matrimonio assurdo, quello con la figlia di Elvis Presley, la celebrazione massima del culto della divinità pop: il re e la principessa. Circondato da “yessmen” che gli procuravano ogni cosa, si era rifugiato nella solitudine della sua villa hollywoodiana trasformata in una sorta di parco giochi disneyano. Era il modo per compensare una infanzia mai avuta, la sindrome di Peter Pan, il bambino che rifiuta di crescere. Fragile e insicuro, profondamente segnato da un’infanzia difficile e infelice, Michael Jackson resta ancora un mistero per chi non ha avuto la possibilità di conoscerlo personalmente. Gettato nel mondo dello spettacolo ancora bambino da un padre spietato che dei suoi figli fece una macchina per soldi, i Jackson 5 (“Nostro padre creò i Jackson 5 a suon di botte. Dopo la scuola, ci costringeva a provare fino a sera e se sbagliavamo erano botte. Ci picchiava con la cinghia dei pantaloni e a volte con una frusta. Era un padre molto severo, specialmente nei miei riguardi. Ho preso più botte io di tutti i miei fratelli messi insieme” ha raccontato), Jackson era l’anello debole di quella catena e quello che pagò il prezzo di tutto. Michael Jackson nella sua carriera solista ha sovvertito il mondo della musica e i suoi look estrosi, la fascia sul braccio destro sempre presente per ricordare tutte le vittime che silenziosamente muoiono di fame, e quelle divise militari, simbolo di un’autorità da lui disprezzata su cui poneva borchie o lasciava intravedere magliette sdrucite per invitare alla disubbidienza civile, lo hanno reso un’icona.
Quel 25 giugno 2009, alla notizia della sua morte, Internet impazzisce. Google fu costretto a sospendere per mezz’ora tutte le ricerche riguardanti il suo nome per intasamento. Un recente film documentario lo ha descritto come un mostro pedofilo abusatore di bambini. Nessuno, a 10 anni dalla sua morte, sa chi era veramente Michael Jackson. Un grande artista, quello è fuori di dubbio.