GIANCARLO MINARDI PARLA DI MICHAEL SCHUMACHER: L’INFORTUNIO E LA CARRIERA
Dieci anni dall’incidente che ha cambiato la vita di Michael Schumacher, che adesso vive nella villa di famiglia di Gland, in Svizzera, trasformata in un ospedale. In questi giorni ci sono tante iniziative per esprimere vicinanza ed affetto a Schumi e il quotidiano Libero ha voluto intervistare Giancarlo Minardi, che con il proprio team ha vissuto da testimone diretto praticamente tutta la carriera di Michael Schumacher. Giancarlo Minardi ricorda innanzitutto cosa provò il giorno dell’incidente: “Costernazione. Incredulità. Tristezza. Che l’incidente sulla neve fosse grave lo capimmo subito ma non si pensava a conseguenze così tragiche. Sembrava impossibile che un incidente così banale sia capitato proprio a lui. Il destino fa le carte alle nostre vite e quel giorno si è spenta la sua buona stella”.
Poi si apre il libro dei ricordi ripercorrendo la carriera di Michael Schumacher dal punto di vista di Giancarlo Minardi, che lo conobbe a Spa 1991, primo GP della carriera di Schumi, che debuttò con la Jordan e “stampò uno strabiliante 7° tempo in prova. Dopo venne scelto dalla Benetton di Briatore al posto di Piquet e vinse i primi due mondiali”. La personalità era quella del campione, che osò litigare da ‘ragazzino’ persino con Ayrton Senna: “Michael aveva personalità, non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno”, tanto da meritarsi secondo Minardi la definizione di erede del brasiliano.
GIANCARLO MINARDI RICORDA IL “SUO” MICHAEL SCHUMACHER
Giancarlo Minardi descrive poi Michael Schumacher come pilota: “In pista un vero duro come soltanto i campionissimi sanno essere. Uno meticoloso, attento all’alimentazione e alla cure del fisico. La Technogym allestì nel paddock una palestra solo per lui. Odiava sbagliare”. Questo è il motivo per cui nelle interviste si esprimeva in inglese “perché insicuro del proprio italiano”. Solo la conquista del Mondiale con la Ferrari gli fece alzare il gomito, ma Minardi ricorda che “il giorno dopo era già perfetto”. Una grande passione di Schumi era il calcio e allora Minardi ricorda anche il Michael calciatore: “Organizzavo partite con la nazionale piloti per scopi benefici e, una sera, vennero tutti a Faenza per un incontro contro la nazionale cantanti. Lui volle giocare tutti i 90 minuti. E segnò”.
Il nome di Michael Schumacher sarà legato per sempre alla Ferrari, con la quale disegnò un vero e proprio capolavoro con cinque mondiali consecutivi (sei tra i costruttori compreso il 1999, anno dell’infortunio a Silverstone): “Montezemolo gli aveva costruito attorno la squadra perfetta. Michael aggiunse l’enorme talento che madre natura gli aveva concesso e vinse”. Secondo Giancarlo Minardi invece ci fu un errore negli anni fra il ritiro nel 2006 e il ritorno con la Mercedes nel 2010: “Si mise a correre con le moto e cadde. Però l’adrenalina delle corse lo portò a tornare in Formula 1. Ma non era più il Michael di prima”, ricorda Minardi. La chiusura è un appello alla privacy di Michael Schumacher e della sua famiglia: pensando che attorno alla villa di Gland pullulano fotografi e giornalisti, Minardi parla di “sciacallaggio. Lasciate in pace il grande campione. Dopo tanta sfortuna non si merita una vigliaccheria simile”.