Fa decisamente riflettere il netto passo indietro di Michael Shellenberger, eletto dal Time nell’anno del 2008 “Eroe dell’Ambiente”, una sorta di Greta Thunberg pre-2.0. Dopo aver denunciato per anni i rischi derivanti dal cambiamento climatico in atto, questi ha fatto una clamorosa marcia indietro, facendo mea-culpa. Lo spiega nel dettaglio il quotidiano Libero, che nelle scorse ore ha appunto pubblicato le parole dello stesso Shellenberger, che si è scusato non soltanto con i suoi detrattori, ma anche con il mondo intero, per l’eccessivo allarmismo: «Fino allo scorso anno – dice in un’intervista alla rivista della sua stessa organizzazione ho evitato di parlare contro l’allarmismo climatico perché mi sentivo in colpa per aver contribuito a fomentarlo, ma soprattutto perché avevo paura di perdere amici e finanziamenti. Le poche volte che ho provato a difendere la climatologia da coloro che la distorcono, ho subito dure conseguenze, quindi ho taciuto mentre i miei colleghi terrorizzavano l’umanità». Non contento, ha anche pubblicato un libro dal titolo “Non ci sarà l’Apocalisse”, per spiegare quanto faccia male il clima di allarme, e che i cambiamenti climatici non saranno la fine del mondo.



MICHAEL SCHELLENBERGER: COME LUI ANCHE PATRICK MOORE DI GREENPEACE

Shellenberger ha spiegato che negli ultimi 20 anni gli incendi si sono ridotti del 25%, che i cambiamenti climatici non stanno incidendo sui disastri naturali, che le emissioni carboniche son in calo in tutte le nazioni più ricche, e che l’agricoltura industriale può aiutare a prevenire pandemie future. Una decisione, quella di uscire allo scoperto, derivante dalle “grida” di numerosi suoi colleghi ambientalisti, a cominciare da Bill McKibben, quello che viene considerato oggi il più influente giornalista ecologista al mondo, secondo cui «i cambiamenti climatici distruggeranno la civiltà umana», arrivando fino alla parlamentare statunitense Alexandria Ocasio-Cortez, secondo la quale «il mondo, avanti di questo passo, finirà entro dodici anni». Shellenberger non è l’unica ambientalista che ha deciso di fare mea-culpa, anche Patrick Moore, uno dei fondatori di Greenpeace ha deciso di lasciare l’associazione per poi scrivere un libro in cui accusa i suoi ex colleghi di essere «anti-umanità, anti-scienza e anti-industria senza però avere un modello alternativo da proporre». Peccato però, denuncia Libero, che in pochi pubblicizzeranno queste parole…

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