La filosofa Michela Marzano è nata a Roma nel 1970. Dopo aver studiato alla Scuola normale superiore di Pisa e aver conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia, è diventata professore ordinario all’università di Parigi, dove insegna tuttora. Nel libro autobiografico “Volevo essere una farfalla”, pubblicato nel 2011, Michela Marzano ha raccontato la sua personale battaglia con l’anoressia. La studiosa italiana ha voluto scrivere questo libro “per spiegarne i meccanismi: l’anoressia non è qualcosa di cui vergognarsi, né frutto di una scelta. È, invece, un sintomo da prendere sul serio, che rinvia a qualcosa di più profondo, che investe il rapporto tra quello che si è e quello che gli altri vorrebbero che noi fossimo”, ha spiegato a Famiglia Cristiana. Ma anche per dare un senso alla sua ricerca di filosofa, che parte dal suo vissuto.
Michela Marzano: “L’anoressia è un sintomo che va ascoltato”
Michela Marzano parla dell’anoressia non come una malattia o un disturbo, ma con un “sintomo” che va ascoltato: “Si usa il corpo perché non si sono reperite le parole per dire ciò che non va. Quando si trovano le parole per dire “io”, il problema è già in via di soluzione”. Per la studiosa italiana è importante considerare l’aspetto culturale, le immagini che vengono valorizzate dalla società in cui viviamo, ma ci tiene a precisare che ogni storia di anoressia è diversa dalle altre e quindi non esiste una ricetta unica. Esistono però dello costanti: sensibilità estrema al giudizio altrui, bisogno di accontentare gli altri, perfezionismo, il ruolo delle figure adulte. Nel suo libro Michela Marzano scrive che non sarebbe mai diventata la persona che è senza questa esperienza: “Se non avessi attraversato questa immensa sofferenza, sarei meno sensibile a certi temi, non avrei lo stesso interesse per l’ingiustizia. La questione decisiva è che cosa fare del proprio dolore”, ha spiegato a Famiglia Cristiana.