Michela Murgia torna in tv e attacca Roberto Burioni, dicendosi delusa dalle parole del medico che ha parlato della sua vicenda senza aver mai visionato la sua cartella clinica. Ospite di Quante Storie, il programma di Giorgio Zanchini che va in onda su Rai 3, la giornalista e scrittrice ha evidenziato l’importanza di usare le parole giuste, anche nel racconto della malattia. «Le parole sono importanti, ci si ammala anche di parole: la comunicazione ha un valore cruciale, io non voglio alzarmi la mattina sapendo che devo andare a combattere una guerra», la sua premessa.
A proposito di comunicazione, Michela Murgia è contraria al linguaggio del cancro come di una guerra che presuppone vincitori e vinti. «Qui non c’è una vittoria o una sconfitta, è uno degli eventi della vita». La scrittrice, che ha rivelato di avere un cancro al quarto stadio, ha quindi replicato al virologo Roberto Burioni: «Lui per esempio mi ha deluso molto. Ma come fa un medico serio a dare giudizi a parlare di me senza aver visto la mia cartella clinica?».
COSA AVEVA DETTO BURIONI SU MICHELA MURGIA
Roberto Burioni aveva dichiarato che i mesi di vita di cui parla Michela Murgia in realtà potrebbero essere anche anni grazie alle cure, inoltre l’aveva corretta in riferimento al quarto stadio, visto che la scrittrice aveva spiegato che da quello non si torna indietro. «Qualche giorno fa è uscito un lavoro che descrive uno studio eseguito su 84 pazienti con un cancro del colon inoperabile, metastatico e ormai resistente alle terapie. Ebbene, una nuova terapia ha portato a una risposta completa (avete letto bene: il cancro è sparito) in 3 di questi pazienti e una risposta parziale, con un netto miglioramento, in 29 pazienti. In 28 la malattia si è fermata». In effetti, si tratta del 4%, visto che si parla di 3 pazienti su 84, «ma 3 che guariscono più 29 che migliorano più 28 nei quali il tumore si ferma significa che la malattia è controllata nel 71% dei pazienti!». Burioni aveva quindi rimarcato che la scienza ha fatto un passo in avanti «innegabile» e che «anche in casi che prima erano senza speranza, adesso abbiamo strumenti che possono essere utilizzati con una efficacia che in alcuni casi è strabiliante».