Il costituzionalista Michele Ainis ha parlato dei “mali” della giustizia italiana nella puntata odierna di Coffee Break, su La7. «C’è una cattiva inclinazione in Italia, un momento siamo garantisti e un altro giustizialista, quindi non si trova un equilibrio. Inoltre, sono state cucinate tante riforme della giustizia, ma spesso sono state finte», la fotografia scattata dal professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’università di Roma Tre. Ainis ha fatto l’esempio della legge ‘madre’ sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura (Csm) risalente al 1958. «È stata ritoccata varie volte, ma c’è ancora la malattia delle correnti e tutto quello che ha fatto male all’immagine dei giudici». Inoltre, ora c’è una riforma «che sembra arenata e a cui aveva lavorato ad una commissione, che però non mi pare abbia proposto rimedi radicali di cui ci sarebbe bisogno».

Quindi, ha fatto un esempio di ciò che servirebbe: «Se tu sei un magistrato che fa una legislatura, poi non torni a fare il giudice. Se hai fatto il politico, la tua imparzialità viene offuscata». Ma questo e temi simili non sono stati affrontati. «Invece la commissione Luciani ha proposto di aumentare a 37 i membri del Csm, mentre oggi sono 21, e questo ha fatto saltare sulla sedia un po’ di persone, perché significa non rendersi conto del problema», ha osservato Michele Ainis.

NO VAX E RIFORMA GIUSTIZIA

Questi temi secondo Michele Ainis si legano anche alla campagna vaccinale. «C’è un generale senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni, di cui i no vax sono un termometro. Se 5 milioni di italiani rifiutano il vaccino è perché non hanno fiducia nell’istituzione che glielo propone». Servirebbero riforme radicali, come il sorteggio, considerato dal costituzionalista «l’unico antidoto alla malattia». Invece abbiamo a che fare con un cortocircuito, come quello creato dalla riforma Cartabia. «Lo sforzo è di fermare la prescrizione dopo il primo grado, poi si interrompono i processi che diventano improcedibili se l’Appello dura più di tre anni e la Cassazione più di un anno e mezzo». C’è però un problema di non poco conto: «Io non sono processual-penalista, ma se il processo si estingue, non si estingue il reato. L’estinzione del reato in genere ha una durata equivalente al massimo della pena edittale, quindi in un caso come quello Cappato, la pena massima è di 15 anni. Se c’è un processo che si estingue dopo x anni, ma il reato rimane in piedi, l’obbligatorietà dell’azione penale comporterebbe di riaprire un processo».

AINIS SU FINANZIAMENTO PARTITI

Nel corso del suo intervento a Coffee Break, il costituzionalista Michele Ainis ha parlato anche dei finanziamenti ai partiti. «C’è una questione culturale, che è prevalentemente cattolica. I quattrini sono lo sterco del demonio, quindi non abbiamo un rapporto disincantato col denaro, quindi c’è un velo di ipocrisia che fa molti danni». Per Ainis è giusto che ci sia un finanziamento pubblico, ma deve essere «moderato e trasparente, assoggettato ad un controllo. Sarebbe meglio non introdurlo in maniera mascherata». Infine, una battuta sul rapporto tra Stato e Regioni: «Qualcuno vagheggia persino un’Assemblea costituente, ma non ci sono le condizioni». Vittima di malagiustizia è Jonella Ligresti, ospite del programma e sulla cui vicenda Michele Ainis ha detto:«Dietro le norme ci sono persone in carne ed ossa con le loro sofferenze. Questa storia ci ricorda che la giustizia non è infallibile, per questo esistono diversi gradi di giudizio».