Nella nuova puntata di questa sera di “Nuovi eroi”, il format di Rai 3 che in collaborazione con la Presidenza della Repubblica accende i riflettori su quelle personalità della società civile che si sono particolarmente distinte nel proprio campo, il protagonista sarà Michele Albanese, 57enne giornalista calabrese che da tempo è salito suo malgrado agli onori delle cronache per aver denunciato nelle sue inchieste il sistema criminale della ‘Ndrangheta. Nell’appuntamento a partire dalle ore 20.20 col programma che dà voce a tutti coloro che sono stati insigniti dal Capo dello Stato della prestigiosa onorificenza quali Ufficiali dell’Ordine al merito della Repubblica al centro del racconto ci sarà la vicenda di questo giornalista coraggioso, che a lungo si è occupato di casi di cronaca nera nella sua Calabria, e puntando il dito sulla pervasività dell’organizzazione criminale in tutti i gangli della società: in particolar modo a metterlo in cattiva luce in certi ambienti (criminali, ma purtroppo non solo) era un articolo in cui denunciava un fenomeno molto diffuso in certe realtà del Sud, ovvero l’omaggio durante una delle tante processioni organizzate durante la feste del Santo -in questo caso nel comune di Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria- a un boss del luogo.



MICHELE ALBANESE, CHI E’ IL GIORNALISTA CALABRESE CONTRO LA ‘NDRANGHETA

Da allora, ovvero dal 2014, la vita di Michele Albanese è cambiata dal momento che il giornalista, nel frattempo nominato presidente dell’UNCI Calabria (il gruppo di specializzazione del Sindacato dei Giornalisti regionali e intitolato al collega scomparso Franco Cipriani), è costretto a vivere sotto scorta a causa delle minacce di morte che ha ricevuto nel corso degli ultimi anni. Una situazione paradossale come ha segnalato lo stesso giornalista che, pur beneficiando dei benefici della scorta per la sua incolumità, ha sperimentato sulla sua pelle cosa voglia dire per chi fa il suo mestiere non poterlo svolgere in libertà: “Per un giornalista l’impedimento maggiore è che viene a mancare il rapporto diretto con le fonti anche per via della mentalità dominante che c’è qui, ovvero quella di stare lontano dalle divise dei Carabinieri e della Polizia” aveva raccontato in un’intervista il diretto interessato, che dopo quello scoop sul cosiddetto “inchino” di Oppido Mamertina ha dovuto affrontare anche notevoli difficoltà in famiglia e nelle relazioni quotidiane. Il cronista de “Il Quotidiano del Sud” si è trovato nella situazione di raccontare la propria terra ma in modo diverso da prima anche se “essere sotto scorta solo io e non la mia famiglia mi dà una inquietudine maggiore, senza contare che il concetto di unità della famiglia, dovendo viaggiare su macchine differenti, è totalmente minato”.



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