Michele Guardì si racconta a Tv2000
Michele Guardì durante la diretta odierna di L’ora Solare, in onda su Tv2000, ha raccontato i suoi inizi nel mondo della televisione, ambiente in cui sarebbe stato consacrato come uno dei nomi sacri della tv italiana. Della sua vita racconta di come “fare televisione era il mio sogno, quando arrivò la tv nel mio paese io sognavo di entrarci ‘dentro’, e ci sono riuscito”. Studiò da avvocato e provò anche a seguire quella strada nella sua vita, ma “soffrivo molto, facevo il penalista e andavo al carcere ad incontrare i poverini in galera perché avevano rubato piccole cose e li tenevano dentro”.
Poi, a Michele Guardì avvocato penalista, “una volta un carcerato mi disse ‘avvocà, mi saluti l’aria’” e fu lì che capì che quella non era la sua strada. La passione per la televisione e il mondo dello spettacolo è iniziata fin dalla più tenera età a Casteltermini, vicino ad Agrigento. Di quegli anni ricorda che “di me si diceva ‘dov’è Micheluzzo? Sta facendo teatrini’. Con mio fratello facevamo spettacoli, impegnandoci seriamente, avevamo anche con un’orchestra. A quei tempi facevamo il Canta rido, dove facevamo già satira politica sui personaggi i Casteltermini, poi lo rifacemmo ad Agrigento”. E lì, la svolta nella carriera di Guardì, ora uno dei volti più noti e amati della televisione italiana.
Michele Guardì: “Diedi del cretino ad un critico”
Durante la sua intervista rilasciata in diretta a L’ora Solare su Tv2000, Michele Guardì ha ricordato il suo inizio nella televisione italiana. “Sono partito per Milano”, racconta, “perché Pippo Baudo mi chiamò a fare i testi di Secondo Voi, programma legato alla lotteria di Capodanno”, ricordando anche che lui e sua moglie “avevo una BMW che dovevo mettere in discesa perché partiva a strappo”. Per Guardì fu “un’avventura incredibile, come Pippo si sia fidato di noi non lo so, ma è andata bene”. Mentre ora ci tiene anche a ringraziare sua moglie e suo figlio, “che non mi hanno mai creato problemi, e hanno sempre froteggiato con un silenzio incredibile tutto quello che ho dovuto fare. Se oggi sono qui lo devo a loro“.
E poi, Antonello Falqui, “stava preparando un programma che non si riusciva a mettere in piedi e Pio Caruso ci notò e si invaghi del nostro modo di scrivere. Mettemmo 6 mimi con delle tute da dipingere di volte in volte, in base allo sketch, non volevamo le ballerine, e così nacque Due come noi”. Il programma, però, fu stroncato da un critico che ne “scrisse peste e corna”, “ci rimasi molto male perché il programma era bello”. Ma poi, Michele Guardì ricorda anche che “lo stesso critico vent’anni dopo scrisse di aver visto la replica di un programma, dicendo: ‘quelli si che erano bei programmi, quelli di una volta, con le battute giuste, poche canzoni’; presi carta e penna e gli scrissi: ‘buongiorno, un critico suo omonimo anni fa criticò aspramente quel programma, lei dice che è bellissimo. Ora, io non so chi abbia ragione, ma tra i due c’è un cretino, decida lei chi. Senza nessuna stima, Michele Guardì’”.