La trasmissione di Italia 1 Le Iene è tornata ad occuparsi – poco dopo la messa in onda dell’acclamata serie ‘Qui non è Hollywood’ prodotta da Disney – dell’omicidio di Sarah Scazzi, per approfondire ancora una volta la (controversa) figura di Michele Misseri: facendo un passetto indietro – infatti – l’uomo fu il primo a dare una risposta alla sparizione della ragazza, confessando di averla personalmente uccisa e nascosta all’interno di un pozzo che lui stesso aiutò ad identificare; salvo poi ritrattare (prima di molte altre volte) la versione, accusando per la morte di Sarah Scazzi anche sua moglie e sua figlia, rispettivamente Cosima Serrano e Sabrina Misseri.
Il punto del servizio delle Iene è proprio questo, capire – forse una volta per tutte – quale sia la verità dietro alla morte della ragazzina, chiedendo a Michele Misseri di raccontare quanto accaduto in quella terribile giornata con il patto di raccontare tutta la verità: davanti alle telecamere ha confermato la prima delle sue versioni, ovvero che avrebbe personalmente ucciso Sarah, dopo averla molestata e prima di violentare il suo cadavere.
Michele Misseri: “Gli inquirenti hanno sempre voluto solo credere all’ipotesi che fosse Sabrina la colpevole”
Ma per verificare la veridicità del racconto di Michele Misseri, l’inviato delle Iene ha anche condotto un piccolo esperimento, chiedendo a ‘zio Michele’ di raccontare ancora una volta l’accaduto, ma a telecamere spente, registrandolo con una piccola cam nascosta: “Io – ha raccontato Michele Misseri, a telecamere spente – stavo facendo per il trattore, lei era scesa e io ho allungato le mano, lei si è girata per andarsene e visto che avevo paura che lo raccontasse a qualcuno l’ho presa per le spalle, poi ho afferrato la corda e da quel momento c’è stato un blackout e non ricordo nulla di quello che è successo dopo”.
Non solo, perché Michele Misseri è arrivato anche ad accusare gli inquirenti di avergli estorto la confessione perché – spiega – “dicevano che io non aveva un movente, ma Sabrina sì. Un carabiniere mi disse ‘e se diciamo che è stata Sabrina, che te l’ha portata e tu hai messo la corda‘, dicendomi anche che tra padre e figlia non ci sono reati. Io lì ho accusato Sabrina”, ma in realtà “nessuno sapeva niente“; spiegando anche che “nessuno mi ha mai interrogato” in quei lunghi giorni di ricerca, limitandosi a “dare sempre addosso a Sabrina“, confessando che forse avrebbe preferito “essere scoperto”.
Ad avvalorare ulteriormente l’ipotesi che sia stato l’unico assassino ci sarebbero anche lo psichiatra che lo visitò in carcere e il suo compagno di celle: il primo – il dottor Giovanni Primiani – a processo confermò che “lui mi disse che era successo tutto in garage”, collegandolo già quella volta ad una “qualche relazione”, forse la tentata molestia; mentre il secondo – ovviamente ignoto – ha ricordato che “nessuno si poteva avvicinare a Michele Misseri” in carcere, salvo lui che ottenne il permesso perché “mi comportavo bene” e fu proprio lui a dirgli che “aveva allungato la mano e lei gli diede un calcio. Disse che non ci aveva visto più, che ‘mi ero fatto rosso rosso e ho fatto sta stronzata’”.