Il nome, il volto e la voce di Michele Misseri sono impressi nelle cronache del delitto di Avetrana dal 2010, da quando, inizialmente reo confesso dell’omicidio di sua nipote Sarah Scazzi, si autoaccusò della morte della 15enne salvo poi ritrattare e chiamare la figlia Sabrina Misseri in correità. Quest’ultima è stata condannata all’ergastolo in via definitiva insieme alla madre, Cosima Serrano, perché ritenuta con lei esecutrice materiale del delitto. Le due donne, secondo la ricostruzione processuale, si sarebbero avvalse dell’aiuto di Michele Misseri nella fase dell’occultamento del cadavere affidando a lui, in via esclusiva, il “compito” di spostare il corpo della ragazza dalla loro villetta di via Grazia Deledda – teatro dell’omicidio – al pozzo di contrada Mosca in cui l’uomo lo avrebbe fatto ritrovare 42 giorni più tardi.
Nelle trame del racconto sui fatti di Avetrana, Michele Misseri si è mosso con fare considerato poco credibile dagli investigatori per via delle numerose versioni contrastanti fornite durante gli interrogatori. In un primo momento, nel dipingersi autore dell’omicidio della nipote, aggiunse alla sua narrazione un elemento che non avrebbe trovato riscontro in sede di autopsia: una violenza sessuale post mortem ai danni della minore a ridosso del luogo in cui il corpo senza vita, il pomeriggio del 26 agosto, sarebbe stato gettato per poi dar corso a un tentativo di depistaggio. Michele Misseri tornerà in libertà nella primavera del 2024, grazie ad uno sconto di pena che gli consentirà di lasciare la cella in anticipo rispetto al termine disposto in sentenza. Ancora oggi, non creduto, insiste sul suo presunto ruolo nell’omicidio: unico autore dell’uccisione della nipote Sarah Scazzi, sostiene che sua figlia e sua moglie siano innocenti e si dice pentito di averle tirate in ballo “ingiustamente”.
Le versioni di Michele Misseri sul delitto della nipote Sarah Scazzi ad Avetrana
Inizialmente, Michele Misseri confessò di aver ucciso Sarah Scazzi nel garage della sua abitazione ad Avetrana (Taranto) e di aver fatto tutto da solo. Avrebbe raccontato di aver strangolato la 15enne dopo un tentato approccio sessuale e di averla poi gettata nel pozzo di contrada Mosca in cui l’avrebbe fatta ritrovare 42 giorni più tardi. Marito di Cosima Serrano e padre di Sabrina Misseri, successivamente avrebbe chiamato in correità quest’ultima indicandola quale esecutrice materiale del delitto e fornendo agli inquirenti un’altra versione sul suo ruolo nel delitto: si sarebbe occupato dell’occultamento dopo essere stato informato dalla figlia dell’uccisione di Sarah Scazzi. Michele Misseri è stato condannato a 8 anni di carcere. La moglie Cosima Serrano e la loro figlia minore, Sabrina Misseri, scontano l’ergastolo a Taranto destinatarie di una condanna definitiva per aver ucciso la 15enne.
Il 6 ottobre 2010 la prima versione di Michele Misseri: Sarah Scazzi arriva a casa sua, è il primo pomeriggio del 26 agosto 2010, e si presenta in garage dove lui, alle prese con la sistemazione di un trattore, tenta un approccio sessuale e viene rifiutato. Colto da un raptus, aggredisce la nipote alle spalle e la strangola con “una corda”, quindi mette il corpo nel bagagliaio della sua auto e lo porta in campagna, lo spoglia e consuma un atto sessuale post mortem prima di gettarlo nel pozzo. Il 15 ottobre dello stesso anno una nuova versione si affaccia nel racconto di Michele Misseri e, per la prima volta, l’uomo accusa la figlia: la nipote arriva a casa loro e viene costretta in garage da Sabrina Misseri. L’obiettivo è dare “una lezione” alla 15enne perché non parli delle presunte attenzioni sessuali dello zio. Sabrina Misseri immobilizza Sarah Scazzi tenendola per le braccia e Michele Misseri la strangola. Poi lui, da solo, si disfa del corpo. A novembre un nuovo clamoroso cambio di rotta: Michele Misseri propone una differente ricostruzione del delitto di Avetrana: Sabrina e Sarah stanno per andare al mare, ma litigano prima di partire. La ragazza trascina la 15enne in garage e la lite degenera fino allo strangolamento di Sarah Scazzi con l’uso di una cintura. Sabrina Misseri sale al piano superiore e sveglia suo padre chiedendogli aiuto per nascondere il crimine commesso e affidandogli le fasi dello spostamento e dell’occultamento del corpo. Novembre sta per finire e Michele Misseri cambia ancora il suo racconto: ritratta la violenza sessuale sul cadavere e conferma le accuse alla figlia Sabrina assestandosi sul ruolo di mero autore dell’occultamento. Nel febbraio 2011 l’ennesimo colpo di scena: l’uomo, durante tutto il processo, torna ad autoaccusarsi dell’omicidio e cerca, invano, di scagionare moglie e figlia dalle accuse che le porteranno al fine pena mai. Ancora oggi si dice colpevole, e sembra quasi stupirsi di non essere creduto.