MICHELE PADOVANO: “IN 17 ANNI HO PERSO TUTTO, MA LO STATO NON HA…”
Michele Padovano, chi è l’ex calciatore protagonista questo pomeriggio nella prima delle due consuete puntate del fine settimana di “Verissimo”? nell’appuntamento con il talk show condotto da Silvia Toffanin su Canale 5, infatti, i riflettori torneranno ad accendersi sul mondo del calcio anche se, nella vicenda che il 58enne ex calciatore della Juventus racconterà al pubblico (presentando pure il libro “Tra la Champions e la libertà”, pubblicato proprio in questo periodo per Cairo Editore e in cui racconta la sua drammatica storia), il pallone c’entra solo in maniera tangenziale dato che il focus sarà sul ‘calvario’ giudiziario che l’ha portato a essere assolto da una infamante accusa solamente dopo 17 anni. E, in attesa di ascoltare tutto ciò dalle sue parole, raccontiamo la storia di Michele Padovano.
Il nome di Michele Padovano, infatti, è noto al di fuori delle cronache pallonare per via di una lunga querelle con la giustizia che si è conclusa solamente l’anno scorso con la piena assoluzione dell’ex attaccante torinese e oggi dirigente sportivo classe 1966: nonostante una buona carriera, culminata con l’approdo alla Juventus negli Anni Novanta e la conquista dell’ultima Coppa Campioni della società bianconera (uno sbiadito ricordo risalente tuttavia al 1996), il nome di Padovano è legato al suo all’epoca presunto -e oggi finalmente smentito- coinvolgimento in un traffico di droga con un ruolo importante. Come qualcuno ricorderà, il calciatore venne arrestato nel 2006, oramai alcuni anni dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, a seguito di una inchiesta condotta dalla Procura di Torino.
PADOVANO E IL PROCESSO: “ERO ATTACCANTE, MA SONO DIVENTATO UN DIFENSORE IN…”
Qui comincia il lungo iter giudiziario che è durato quasi 17 anni per Michele Padovano e che lo vedeva prima condannato in primo grado a 8 anni e 8 mesi (nonostante una pesante richiesta iniziale di una pena di ben 24 da parte della stessa Procura) nell’ottobre 2011, condanna poi ridotta in appello a 6 anni e 8 mesi. Il calciatore e allora neo dirigente sportivo si è sempre professato innocente, affermando di non aver mai avuto nulla a che fare con quel traffico di droga, e che il presunto finanziamento dell’attività illecita era in realtà dovuto a un prestito di circa 40mila euro a un amico d’infanzia. Il primo spiraglio di luce per Michele Padovano era arrivato nel 2011 grazie alla Corte suprema di Cassazione che aveva annullato le precedenti condanne, disponendo un nuovo rinvio a giudizio, al termine del quale la posizione del 56enne era stata rivalutata grazie al processo d’appello bis chiusosi con la piena assoluzione, ma senza alcun risarcimento (una beffa dato che nel frattempo ah dovuto vendere molti dei suoi averi).
“In 17 anni ho perso tutto ma dallo Stato non ho avuto nessun risarcimento” ha ribadito Michele Padovano nel corso delle varie interviste concesse nell’ultimo anno e in cui, oltre a lamentare le conseguenze dell’odissea giudiziaria che aveva vissuto, spiegava pure di averci rimesso tanti soldi e di essere rimasto deluso dalla decisione di non essere in qualche modo risarcito per ciò che ha passato lui e la sua famiglia (di cui parliamo quest’oggi in un pezzo a parte, NdR). “Questa storia ha sconvolto anche l’adolescenza di mio figlio” ha raccontato Padovano alla ‘Gazzetta dello Sport’ a ridosso dell’uscita al cinema del docufilm “Michele Padovano – Innocente – 17 anni senza libertà” prodotto da Sky e che uscirà il prossimo gennaio. “Il momento più duro? I dieci giorni di isolamento nel carcere di Cuneo (…) Quando li trascorri chiuso in una stanza con solo una finestrella dalla quale ti passano i pasti, vi posso assicurare che sembrano infiniti. (…) Sono stato un attaccante da giocatore ma, come dicono gli avvocati, in questa triste storia mi sono rivelato il miglior difensore di me stesso”.