Tutta Italia è zona protetta, il Covid-19 ha già mietuto più di 1000 vittime e c’è grande apprensione in tutto lo Stivale: Michele Placido, intervenuto ai microfoni di Un Giorno da Pecora, ha recitato una poesia di speranza contro il coronavirus. L’attore e regista è stato intervistato dal programma in onda su Rai Radio 1 ed ha deciso di declamare dei versi di un brano intitolato “11 marzo”, che ci parla proprio dell’allarme Covid-19 ma che invita a guardare con fiducia e positività al futuro. «Stamattina mi hanno mandato una poesia, fresca, che mi ha molto colpito, è di una signora che non conosco, una maestra che si chiama Carmela Mascio. Se volete, ora ve la recito», le parole di Michele Placido, che ha poi declamato l’intenso testo…



MICHELE PLACIDO, TESTO E VIDEO POESIA CORONAVIRUS

“Era l’11 marzo del 2020, le strade erano vuote, i negozi chiusi, la gente non usciva più.

Ma la primavera non sapeva nulla.

Ed i fiori continuavano a sbocciare

Ed il sole a splendere

E tornavano le rondini

E il cielo si colorava di rosa e di blu

La mattina si impastava il pane e si infornavano i ciambelloni



Diventava buio sempre più tardi e la mattina le luci entravano presto dalle finestre socchiuse

Era l’11 marzo 2020 i ragazzi studiavano connessi a Gsuite

E nel pomeriggio immancabile l’appuntamento a tressette

Fu l’anno in cui si poteva uscire solo per fare la spesa

Dopo poco chiusero tutto

Anche gli uffici

L’esercito iniziava a presidiare le uscite e i confini

Perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali

E la gente si ammalava

Ma la primavera non lo sapeva e le gemme continuavano ad uscire

Era l’11 marzo del 2020 tutti furono messi in quarantena obbligatoria

I nonni le famiglie e anche i giovani



Allora la paura diventò reale

E le giornate sembravano tutte uguali

Ma la primavera non lo sapeva e le rose tornarono a fiorire

Si riscoprì il piacere di mangiare tutti insieme

Di scrivere lasciando libera l’immaginazione

Di leggere volando con la fantasia

Ci fu chi imparò una nuova lingua

Chi si mise a studiare e chi riprese l’ultimo esame che mancava alla tesi

Chi capì di amare davvero separato dalla

vita

Chi smise di scendere a patti con l’ignoranza

Chi chiuse l’ufficio e aprì un’osteria con solo otto coperti

Chi lasciò la fidanzata per urlare al mondo l’amore per il suo migliore amico

Ci fu chi diventò dottore per aiutare chiunque un domani ne avesse avuto bisogno

Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute e degli affetti veri

L’anno in cui il mondo sembrò fermarsi

E l’economia andare a picco

Ma la primavera non lo sapeva e i fiori lasciarono il posto ai frutti

E poi arrivò il giorno della liberazione

Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate che l’emergenza era finita

E che il virus aveva perso

Che gli italiani tutti insieme avevano vinto

E allora uscimmo per strada

Con le lacrime agli occhi

Senza mascherine e guanti

Abbracciando il nostro vicino

Come fosse nostro fratello

E fu allora che arrivò l’estate

Perché la primavera non lo sapeva

Ed aveva continuato ad esserci

Nonostante tutto

Nonostante il virus

Nonostante la paura

Nonostante la morte

Perché la primavera non lo sapeva

Ed insegnò a tutti

La forza della vita”