GreenCube è il primo esperimento di micro-orto spaziale, lanciato a 6.000 km dalla Terra. Con il razzo europeo Vega-C, successore del Vega base, il micro-orto, delle dimensioni di una scatola, servirà per permettere agli astronauti delle future missioni spaziali di nutrirsi con alimenti freschi. Si tratta di un progetto tutto italiano, che ha spiegato al Messaggero Luca Nardi del Laboratorio Biotecnologie di Enea, che sta sta seguendo l’attuale sperimentazione nello spazio e continuerà gli esperimenti anche a terra.



“Nella missione organizzata dall’Agenzia Spaziale Italiana, c’era la possibilità di lanciare quattro Cube-Sat, satelliti a forma di cubo, così l’agenzia ha emesso un bando di partecipazione per progetti di ricerca italiani. Noi stavamo studiando da anni le modalità per far crescere vegetali nello spazio ed abbiamo pensato alla coltivazione di micro-verdure, raccolte tra 10 e 15 giorni dalla semina, che di solito sono usate dagli chef stellati per guarnire i loro piatti” ha spiegato il ricercatore.



Micro-orto nello spazio: come funziona

Le micro-verdure lanciate nello spazio con il GreenCube possono rivelarsi fondamentali per l’alimentazione degli astronauti, che per mesi e mesi restano lontani dalla terra. Come ha spiegato Luca Nardi al Messaggero: “Da uno studio condotto negli Stati Uniti si è scoperto che hanno una concentrazione di fitonutrienti da 4 a 40 volte superiore rispetto alle piante nello stadio adulto; hanno caratteristiche nutrizionali importanti, contengono molecole antiossidanti, fondamentali per la salute degli astronauti nello spazio che possono avere una concentrazione di nutrienti in uno spazio molto piccolo, consumando pochissima energia e acqua per la crescita”.



La missione GreenCube è già cominciata con il primo micro-orto lanciato nello spazio: “Lo scorso 13 luglio è stato lanciato il razzo vettore Vega-C, dove nella parte alta è posizionato il nostro satellite con GreenCube, costruito dai giovani ingegneri del Dipartimento di Ingegneria aerospaziale de La Sapienza di Roma. È il primo esperimento al mondo con micro-verdure in un’orbita estrema, a 6.000 km di distanza, in cui non c’è schermatura dalle radiazioni del campo magnetico terrestre che agiscono in maniera diretta, mentre invece questo non avviene nelle coltivazioni sulla Stazione Spaziale Internazionale”. Dopo il rientro sulla terra, verranno esaminati i dati: “Sono gli ultimi giorni nello spazio poi dovremo testare nei nostri laboratori terrestri quanto avvenuto in orbita, per verificare i dati raccolti durante la sperimentazione e dunque i risultati raggiunti dal progetto GreenCube”.