L’annuncio di Elon Musk dell’impianto di un microchip nel cervello di una persona paralizzata, grazie agli esperti della sua azienda di neurotecnologie, Neuralink, ha destato favori e malcontento. Sicuramente rappresenta una svolta che potrebbe avere un futuro in campo medico, sebbene serviranno sicuramente ulteriori implementazioni. L’impianto di elettrodi nel cervello potrebbe cambiare la vita delle persone con disabilità, perché grazie alle interfacce computer-cervello potrebbero governare, solo con il pensiero, dispositivi esterni, come una tastiera del pc, e così poter comunicare col mondo esterno.



L’annuncio era atteso da tempo, dopo che un anno fa l’FDA, l’agenzia Usa che regolamenta i prodotti farmaceutici e i dispositivi medici, ha dato l’ok a portare avanti la sperimentazione clinica sulla base dei risultati ottenuti su modelli animali”. Così a La Stampa Giannicola Angotzi, ricercatore dell’Istituto Italiano di Tecnologia e cofondatore di Corticale, startup che opera nel settore della neuroelettronica e punta alle applicazioni cliniche di questi strumenti per migliorare la vita delle persone che soffrono di malattie legate al sistema nervoso.



MICROCHIP NEL CERVELLO UMANO: I RISULTATI SPIEGATI DA ANGOTZI

Angotzi ha spiegato che “i risultati della sperimentazione preclinica di Neuralink hanno evidenziato la capacità di questa tecnologia di leggere l’attività elettrica del cervello e decodificarne le intenzioni del movimento“. “Ricorderete – dice il ricercatore – la scimmia che riusciva a giocare a un videogame controllandolo con il pensiero, grazie all’impianto di elettrodi nel cervello.(…) Attraverso l’impianto di elettrodi nel cervello, è possibile leggere e decodificare questa attività e tradurla in segnali digitali leggibili da un computer per esempio.



L’innovazione di questi microchip sta nel fatto che sono in grado di capire cosa il cervello pensa, traducendo i pensieri in parole riprodotte su una tastiera. Non sarà quindi così impensabile scrivere a PC senza l’uso delle mani. Evidenze si sono avute, come ha spiegato lo stesso Angotzi, su pazienti tetraplegici, che in questo modo hanno avuto la possibilità di interagire con il mondo esterno, potendo scrivere testi controllando appunto un mouse, una tastiera, un computer. Il ricercatore ha aggiunto: “Elon Musk sposta più avanti la frontiera delle neurotecnologie perché se l’interfaccia cervello-computer di Blackrock Neurotech registra l’attività neurale attraverso un centinaio di elettrodi, quella di Neuralink ne impianta un migliaio, in punti diversi del cervello e questo consente di avere più informazioni sull’attività cerebrale e una migliore capacità di interpretare l’intenzione di movimento, parola e pensiero.”

IL CONFINE TRA ETICA E SCOPI MEDICI

Ad accomunare il pensiero pressochè di tutti è il reale di intento che Elon Musk intende realizzare con questa nuova tecnologia da microchip. Il miliardario infatti ha dichiarato di voler utilizzare questo strumento per arrivare a potenziare le capacità umane, raggiungendo perfino una simbiosi con l’intelligenza artificiale. Progetto sicuramente ambizioso quello di Musk, che allo stato attuale è però ancora molto lontano dalla realtà.

Quel che però fa notare Angotzi sempre a La Stampa è come una tale idea, così impostata, finisca col collimare con l’etica. Raggiungere un tale obiettivo sarebbe discutibile perchè un conto è avvalersi di nuove tecnologie, come appunto anche microchip nel cervello umano, a scopi medici su persone con disabilità, e un conto è avere invece desideri di onnipotenza tali da voler implementare le capacità umane.