Una lista d’attesa di migliaia di persone pronte a fare da “cavie” a Neuralink, l’azienda di neurotecnologie di Elon Musk. Sarebbero in tanti ad essere disponibili a farsi impiantare un chip nel cervello, dopo che l’azienda ha ricevuto il via libera alla sperimentazione umana dalle autorità degli Stati uniti all’inizio del 2023. La stessa autorizzazione era stata rifiutata lo scorso anno per problemi di sicurezza: il timore era che gli impianti potessero muoversi all’interno del cranio o surriscaldarsi. A inizio anno, però, l’imprenditore ha ricevuto il via libera: dunque, potrebbe presto impiantare con la sua azienda i primi microchip.



Migliaia di persone sono in lista e sperano di essere tra le 11 fortunate alle quali verrà impiantato il chip nel cervello, nel 2024. Come spiega Bloomerg, però, l’azienda vorrebbe allargare la platea e coinvolgere 22mila persone entro il 2030. Neuralink è sotto inchiesta per aver ucciso 1.500 animali durante le sperimentazioni: nonostante questo, l’azienda di Musk non si ferma e continua nel suo intento. Il reclutamento di volontari è iniziato a settembre 2023, quando Neuralink ha pubblicato un post spiegando di essere alla ricerca di persone con paralisi a tutti e quattro gli arti, dovuta a una lesione del midollo o a causa della Sla.



Microchip nel cervello: i possibili effetti negativi

La speranza di Elon Musk e del suo team è che il microchip nel cervello possa aiutare le persone a superare le paralisi: al momento infatti non vi sono evidenze delle buona riuscita dell’esperimento. Il chip, spiega Bloomerg, verrà installato dietro un orecchio, con gli elettrodi inseriti nel cervello. Questo avverrà tramite un’operazione chirurgica di un paio d’ore che comprende la rimozione e la sostituzione di una porzione di cranio. Secondo Business Insider, la rimozione di un pezzo di cranio sarebbe però la parte meno invasiva di tutto il processo. Infatti in passato, persone sottoposte ad esperimenti simili, hanno registrato forti cambiamenti cognitivi.



Alcuni di questi impianti, per esempio in pazienti affetti dal morbo di Parkinson o da disturbi ossessivo-compulsivi, hanno avuto esito positivo mentre in altri casi hanno inciso in maniera importante sulla situazione psicologica degli individui, portando a stati dissociativi negativi. Altri pazienti hanno – in passato e con altre aziende diverse da Neuralink, sperimentato la “paralisi decisionale”, diventando incapaci di prendere delle decisioni senza consultare prima il dispositivo.