Si è accesa una speranza nel momento in cui si è diffusa la notizia secondo cui Neuralink, compagnia di neurotecnologie di cui Elon Musk è fondatore, è riuscita a impiantare il primo microchip nel cervello di un uomo paralizzato, mostrando, a quanto pare, risultati sorprendenti. La scienza e la tecnologia quindi si combinano sempre più con la sanità. Il Prof. Paolo Maria Rossini, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele di Roma, intervistato da Libero e Il Giornale, ha però smorzato gli entusiasmi, dichiarando che in campo medico ci vorrà ancora del tempo prima che questa innovazione possa essere applicata a tutti gli effetti sui pazienti, ritenendo illusorio diffondere in pompa magna questi avvenimenti. “Si tratta di un eccesso pericoloso per i malati e per le loro famiglie, che certe cose le prendono sul serio, credendo siano utili”, ha dichiarato il medico.
Lo stesso ha poi aggiunto: “Di certo è un passo avanti tecnologico. Riuscire ad inserire su una moneta grande come 50 centesimi mille elettrodi che registrano l’attività di mille neuroni, è un miracolo tecnologico. Da qui all’utilizzo reale ce ne passa”.
MICROCHIP PER CURARE I MALATI: “ELON MUSK FA UN VOLO PINDARICO ECCESSIVO”
Il Prof Rossini ha spiegato che, sebbene si tratti di una svolta, il microchip va migliorato per dare veramente risvolti in campo sanitario e medico. E commentando il paziente a cui è stato impianto il dispositivo di Elon Musk ha affermato: “A questo soggetto, per ora, non servirà a nulla finché non verrà sviluppato un sistema di traduzione simultanea che fa diventare ordini i segnali. (…) Parliamo di un paziente paralizzato, non in grado di parlare, di dire, per esempio, “mi porti l’acqua?” o “mi sposti la carrozzina?”. Questi ordini non li riesce a dare perché non in grado di muoversi e di parlare. Questi ordini, però, dovrebbero essere riconosciuti da microelettrodi inseriti, che a loro volta li rimandano alla carrozzina che si deve muovere… insomma, ci dovrebbe essere una connessione diretta tra la persona e l’ambiente circostante e gli oggetti che devono “capire” gli ordini.”
E ancora: “L’oggetto tecnologico probabilmente ce lo abbiamo, ma che l’utilizzo è molto lontano da venire ed è comunque qualcosa di limitata a piccole nicchie di soggetti totalmente privati della capacità di movimenti, nei quali un intervento di tipo invasivo con apertura della teca cranica è giustificato anche sul piano etico. Pensare già oggi di utilizzare questo tipo di approccio a casistiche estese, e in patologie di grandi numeri come i pazienti colpiti da ictus, Parkinson e addirittura malattie psichiatriche, è non soltanto molto prematuro, ma fuorviante perché induce speranze del tutto immotivate in malati e famiglie già troppo provate dalle loro condizioni.” Rossini infine, parlando del fondatore di Tesla e proprietario di X (il social prima noto come Twitter) ha definito ‘volo pindarico eccessivo’ quello fatto dal miliardario, che ad oggi non vedrà un’applicazione nel breve periodo.
‘MEDICINA MARKETING’: I TENTATIVI PRECEDENTI FALLITI COL MICROCHIP
Anche a Il Giornale il Prof Rossini ha continuato ad essere cauto senza nascondere anche un pizzico di scetticismo, da un lato legato alla non pubblicazione di un tale esperimento su una rivista scientifica medica, che ne attribuirebbe maggiore affidabilità, e poi per i precedenti tentativi falliti di impianto di microchip nel cervello umano.
“Già numerosi tentativi precedenti sono stati fatti con un approccio simile da un punto di vista teorico (anche se, ovviamente, le tecnologie diventano sempre più avanzate in termini di miniaturizzazione del device e di autonomia delle batterie) con impianti di microelettrodi su piastrine inserite chirurgicamente sulle aree motorie, visive e acustiche in varia tipologia di malati. (…) Per ora sappiamo solo che il paziente si sta riprendendo bene dall’intervento e che i contatti tra microelettrodi e neuroni sono funzionanti“. Ma cosapuò andare storto in un simile intervento? “Le puntine inserite possono irritare i neuroni e provocare episodi di epilessia. Oppure, attorno al mini apparecchio si può formare una guaina fibrotica che potrebbe compromettere la capacità di tradurre i messaggi“.