Un microchip potrebbe essere la svolta per salvaguardare la nostra salute. Ma come funzionerà? Lo spiega Gaetano Marrocco, ingegnere a capo del laboratorio di elettromagnetismo pervasivo dell’Università di Tor Vergata a Roma, a Il Messaggero. Il compito di questo microchip sarà di studiare l’organismo umano dall’interno, attraverso micro sensori che non interferiranno con il nostro corpo. Si tratta di una tecnologia “che permette l’identificazione a radio frequenza; è l’evoluzione del più celebre codice a barre che troviamo ovunque, il quale richiede un lettore ottico per dare accesso ad una specifica informazione – illustra Gaetano Marrocco – Dopo vari passaggi si è arrivati all’etichetta elettromagnetica, in cui l’informazione è concentrata in un piccolo chip, attivato dall’esterno da un’antenna. Si tratta di un sistema molto simile al dispositivo che usiamo per l’autostrada”.



Nella pratica, “la tecnologia del sensore resta silente finché non viene interrogata da un dispositivo esterno”. I microchip avranno “dimensioni variabili da pochi millimetri a pochi centimetri, in base all’applicazione finale” e costituiscono una tecnologia innovativa poiché potranno fornire informazioni anche sullo “stato fisico dell’oggetto su cui è etichettato il sensore; per esempio temperatura, umidità, deformazione, pressione, presenza di grandezze fisiche e chimiche”. Ma nel concreto quali saranno le sue applicazioni?



Microchip per monitorare salute: analisi del respiro e protesi cardiaca

Tra le applicazioni di questi microchip in campo medico e in relazione alla nostra salute c’è, per esempio, la possibilità di effettuare un’analisi del respiro in modo non invasivo. “Abbiamo sviluppato dei sensori che si applicano sotto al naso e misurano la temperatura diversa quando si inspira ed espira per profilare il respiro” spiega Gaetano Marrocco, grazie ai quali “stiamo svolgendo dei test anche sui neonati e sul respiro in mobilità, per esempio negli atleti, molto difficile da monitorare, ma eseguita in condizioni più realistiche di quanto fatto fino ad ora”.



Ma l’uso dei microchip potrebbe essere esteso anche all’ambito cardiaco, dove “l’obiettivo è trasformare una protesi cardiaca che è un oggetto privo di elettronica, in un oggetto in grado di trasferire dei dati” come per esempio “la temperatura all’interno dell’arteria, quindi la massima precisione, la pressione sanguigna, il funzionamento della valvola, problemi di infezione, insomma avremmo una finestra interna del corpo ed in uno scenario diagnostico, ad un medico basterà posizionare un’antenna sul torace del paziente per interrogare la protesi valvolare cardiaca sensorizzata”.