Arrivano sempre più segnali su come l’uomo stia distruggendo il pianeta. Il comunicato stampa dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) emesso il 15 giugno parla infatti chiaro: tutto il mare e gli oceani da cui è formata la Terra sono talmente inquinati da mettere a repentaglio la stessa salute dell’essere umano. Ecco perchè è fondamentale monitorare costantemente la situazione e capire come intervenire per poter perlomeno impedire lo sfacelo. L’occasione per parlare della condizione delle acque del mare è stato il convegno ‘Mare e Salute’, cui hanno preso parte istituzioni, enti di ricerca e terzo settore impegnati nella prevenzione sanitaria e nella protezione degli ambienti acquatici e marini.
Il mare occupa ben il 70% del nostro pianeta, ed è per questo che farlo ‘ammalare’ significa anche andare ad incidere sullo stesso equilibrio dell’ecosistema. Andrea Piccoli, Direttore generale dell’ISS, ha infatti così dichiarato: “l’impronta dell’attività umana è evidente in tutte le latitudini, come hanno dimostrato i primi viaggi compiuti in quattro oceani e dieci mari del pianeta, e lo è al punto che vi abbiamo ritrovate sostanze chimiche persistenti usate negli ultimi cinquant’anni fino alle tracce del recente virus Sars-Cov2, che è stato per noi un risultato inatteso”.
Progetto ‘Sea care’ a difesa del mare
Dalla collaborazione tra ISS, Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA), Marina Militare e alcune Università è nato il progetto ‘Sea Care’. Alla luce infatti delle evidenze emerse, l’iniziativa si fonda sull’impegno di compiere costanti campionamenti in tutti gli oceani per rilevare le sostanze che stanno inquinando le acque e monitorare lo stato di salute del mare. Sulla base delle analisi compiute sono state ritrovate tracce di virus e batteri, alcuni dei quali sembrerebbero essere indice dei cambiamenti climatici che stanno attanagliando il pianeta. Ad aver sorpreso è stata anche la traccia di Sars-COV-2, a testimonianza della pervasività raggiunta dal virus stesso.
Tra i rilevamenti sono anche state rintracciate microplastiche, soprattutto nell’area del Mediterraneo. La pericolosità di questi componenti, in base a quanto è stato studiato, starebbe nella possibilità che potrebbero essere a loro volta traghettatrici di microrganismi pericolosi dell’uomo. Infine sono state riscontrate tracce di Pfas, elemento, questo, risaputo già da tempo. Grazie a tutte queste evidenze il progetto sarà l’occasione per migliorare le tecniche di analisi e trovare gli strumenti anche per scoprire in anticipo il sorgere di eventuali future pandemie.