Giugno 1942. Nell’atollo di Midway si combatte una delle più importanti battaglie della seconda guerra mondiale. A misurare il proprio potenziale bellico si affrontano gli Stati Uniti, guidati dall’ammiraglio Nimitz, e il Giappone, guidati dall’ammiraglio Yamamoto, protagonista del sanguinoso bombardamento della base americana di Pearl Harbor, avvenuto pochi mesi prima, nel 1941. Il coraggio dei piloti, l’intelligenza dei crittografi, il valore degli ufficiali statunitensi permetteranno all’America di sovrastare la superiorità tecnologica nipponica e di mantenere il controllo del Pacifico. Una vittoria simbolica, costruita con determinazione, forza d’animo e spirito di gruppo, che cambierà il corso della storia.
Basta guardare la filmografia di Roland Emmerich per capire cosa aspettarsi in sala, dalla visione di Midway. Vocato allo spettacolo cinematografico, Emmerich ha viaggiato nel tempo e nello spazio per raccontarci storie del passato e storie di futuro, catastrofi umane, sovrumane e naturali. È stato uno dei primi a mostrarci in modo sorprendentemente vero la fine del pianeta, sotto gli attacchi degli alieni (Independence Day), di creature misteriose (Godzilla) o delle forze della natura (2012).
Nel 1942, a rischiare la propria sopravvivenza erano gli americani, e i loro alleati, colpiti al cuore dalla crudele volontà di potenza del nazionalismo tedesco, nutrito dall’odio razziale del suo dittatore. Al suo fianco il Giappone che, l’anno prima, aveva attaccato a sorpresa gli americani, a Pearl Harbor, senza nemmeno dichiarare loro guerra. Un’onta, imperdonabile, per il fiero spirito patriottico d’America, vendicato storicamente a Midway, luogo di una battaglia storica e determinate per le sorti della guerra.
Emmerich ci regala fuoco e fiamme. 138 minuti di battaglia, tra cielo e terra, intervallata da brevi sipari strategici, umane debolezze e frettolose storie private. Contorno quasi necessario per creare un po’ di empatia con lo spettatore, e per esaltare il genio militare degli americani, colpevoli certo di qualche grave errore di valutazione, ma vincenti senza macchia e senza paura nello scontro finale, statisticamente avverso allo schieramento a stelle e strisce.
Un’enorme battaglia digitale, colorata, rumorosa, eroica, con poche distrazioni. La grande guerra al cinema in sala, uno sfrontato attacco alla tv, assestato per umiliare l’ampio pubblico dei divani.
Eppure… eppure Midway rimane un vuoto gioco emotivo e superficiale, uno spettacolo sterile, celebrativo, ripetitivo. Siamo lontani diverse galassie dalla verità sconvolgente di Dunkirk (del ben più virtuoso Nolan), una guerra combattuta dentro allo stomaco dello spettatore, tormentato dal suono dei bombardamenti e dall’odore dei cadaveri nel mare. Midway è la vera storia dei veri eroi di una vera battaglia navale dall’aspetto un po’ romanzato. Un videogioco rassicurante (e anche divertente) che premia gli eroi buoni, mentre gratifica l’ego degli uomini di patria, di guerra e di cinema. Un inno alla guerra necessaria contro un nemico bastardo, vile e traditore.
Tutto va, come deve andare. Il bene vince, con qualche danno collaterale. Il male perde, e se lo merita. Un copione già scritto, riscritto e riadattato, per dimostrare come l’uomo americano (almeno quello hollywoodiano) quando è chiamato, risponde sempre all’appello, cambiando la storia.