La marea di arrivi che ha segnato il 2023 quest’anno si è trasformata in una semplice onda, ancora abbastanza alta, ma niente a che vedere con l’anno scorso. I flussi dei migranti tra i primi mesi del 2023 e l’inizio del 2024 parlano di una riduzione da oltre 48mila persone arrivate a poco più di 20mila, ossia -58%. Una diminuzione che ha riguardato soprattutto, come punto di partenza, la Tunisia (passata da 25mila a qualcosa meno di 9mila persone) ma anche la Libia, che dopo i 21.500 dell’anno precedente ha visto sbarcare in Italia “solo” 10.700 persone.
I motivi, racconta Mauro Indelicato, giornalista de Il Giornale e di Inside Over, sono presto detti: il riaccendersi delle lotte intestine tra milizie in Libia ha creato condizioni meno favorevoli per i trafficanti, mentre in Tunisia il presidente Saied è stato protagonista di un giro di vite nei confronti delle organizzazioni che gestiscono i flussi verso l’Europa. Una volta arrivati i soldi da Arabia Saudita ed Emirati Arabi (e non dalla UE) li ha usati per controllare meglio il suo territorio: la presenza di persone che vogliono partire con i barchini stava creando tensioni a livello sociale e il presidente tunisino ha preferito non correre rischi.
Gli sbarchi dei migranti in Italia dall’inizio dell’anno sono calati di quasi il 60%. Come si spiega una diminuzione così accentuata? I numeri più consistenti delle ultime settimane (l’ultimo: 1.147 in sette giorni) fanno presagire una ripresa del fenomeno?
Nell’area mediterranea a maggio ci sono stati diversi giorni di maltempo, questo ha frenato un po’ gli sbarchi nella stagione primaverile; nell’ultima settimana il tempo si è sistemato e sono ripresi. È vero che c’è stato un calo, in parte fisiologico: l’anno scorso è stato un anno eccezionale, con aumenti talmente ampi che non potevano essere ripetuti. In secondo luogo, stanno venendo meno i migranti in arrivo dalla Tunisia, dove le partenze sono diminuite.
I dati dicono che sono diminuiti gli arrivi anche dalla Libia, dove non c’è stata una vera azione di contrasto nei confronti dei trafficanti. Come mai?
In Libia hanno altro a cui pensare che far partire migranti dalla Tripolitania. Ci sono tensioni sulla costa, nelle città da cui si parte. Parlo di Zawiya, Zuara. In queste condizioni anche per i trafficanti diventa più difficile continuare con il business. I miliziani sono anche trafficanti, ora sono impegnati in altre faccende. E poi per arrivare alle spiagge di partenza occorre percorrere strade che in questo momento sono teatro delle sfide intestine alla Tripolitania. C’è una situazione precaria a livello di sicurezza che paradossalmente avvantaggia l’Italia perché sono partiti meno barconi. Sempre in Libia sono aumentate le partenze dalla Cirenaica, ma i migranti non vanno in Italia. La Grecia è molto più vicina, preferiscono andare lì.
Qual è il motivo di questi nuovi scontri fra le milizie?
La solita spartizione del potere. In un contesto quasi anarchico come quello libico ci sono fazioni che si contendono il potere in certe zone. Poi c’è un altro motivo: le tensioni politiche che riguardano Tripoli. Al governo c’è Dbeibah, il cui mandato è scaduto da diverso tempo, anche se lui vuole rimanere al suo posto. Dbeibah non è impegnato negli scontri, ma questi problemi creano un clima in cui le tensioni si sono acuite.
Quali sono le milizie protagoniste degli scontri?
Ci sono quelle legate al ministro dell’Interno, ma anche quelle di Zawiya e Zuara, come di Sabrata e Mellitah. In queste ultime due località gli scontri ci riguardano da vicino perché in quelle zone ci sono i giacimenti dell’Eni, che ha avuto difficoltà a garantire la sicurezza in relazione alle sue infrastrutture.
Qual è il motivo del contendere?
Si contendono un po’ di tutto: i pozzi, il controllo sul contrabbando, i trafficanti di esseri umani.
Come mai Saied, invece, si è impegnato così a fondo per controllare i trafficanti? Ha ricevuto dei soldi?
A Saied i soldi sono stati dati, ma non dalla UE, se non in minima parte, bensì dall’Arabia Saudita e dalle petromonarchie: sono loro che lo hanno salvato dal default. Il Nordafrica ha due Paesi che agli occhi dell’Europa e delle monarchie che fondano i loro introiti sul petrolio non possono fallire: l’Egitto e la Tunisia. Il primo perché è troppo grosso, il secondo perché troppo importante. Sauditi ed emiratini hanno sganciato assegni ad Al Sisi e Saied. Quest’ultimo a un certo punto si è accorto che, se i trafficanti avessero preso eccessivamente piede in Tunisia, sarebbe stata messa in pericolo anche la sicurezza interna del Paese.
Insomma, il presidente tunisino ha controllato i flussi e l’Italia ne ha beneficiato in termini di cali di arrivi, ma lo ha fatto per sé stesso, per evitare problemi interni?
Per se stesso e grazie ai soldi che sono arrivati da Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Non glieli hanno dati per l’immigrazione, ma una volta incassati Tunisi ha potuto finanziare meglio la guardia costiera. A Sfax le rivolte erano all’ordine del giorno e la tensione è alta anche oggi. C’erano centinaia di migranti che venivano caricati dalla popolazione locale. Se le città diventano campi di battaglia fra tunisini e migranti è un gravissimo problema per Saied. Per l’Italia, come effetto indiretto positivo, c’è il fatto che assistiamo a meno partenze.
La situazione potrebbe peggiorare nuovamente?
Come l’anno scorso no e questo è già importante, ma con il bel tempo i trafficanti non resteranno con le mani in mano. Dobbiamo aspettarci ancora numerosi sbarchi.
(Paolo Rossetti)
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